Nichi: io candidato premier? Improbabile

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Se la linea del Pd dovesse diventare quella di Veltroni, che «propone una competizione tutta sul terreno del liberismo economico e sociale», è «ovvio» che Sel non potrebbe seguirlo, anzi, dice Nichi Vendola, «io lavorerei comunque per costruire una coalizione di governo, vincere le elezioni e guidare il paese». Siamo in un auditorium romano dove Nichi Vendola ha riunito la presidenza di Sel. Più tardi vedrà  il ministro Passera per discutere dei trasporti pugliesi. Per Passera «tantissimo rispetto», ma «mi sembra abbastanza improbabile che il Pd, se resta nel centrosinistra, possa appoggiarlo», dice, commentando la possibilità  che la stagione dei tecnici scavalli la fine della legislatura. Il tema del dibattito è la crisi greca, ma l’emergenza di casa è il «duello», per dirla con le «sobrie» parole dell’Unità , scatenata nel Pd fra Veltroni e Bersani sull’articolo 18. Vendola parla dell’ex sindaco di Roma come «una delle due destre», l’altra è Berlusconi: «Noi vogliamo costruire insieme al Pd, ai movimenti sociali, ai giovani un centrosinistra che si batte per l’alternativa, per un governo in grado di liberare l’Italia dall’egemonia berlusconiana. Questo è anche ciò che chiede il popolo del Pd ogni volta che ha modo di esprimersi alle primarie». Vendola lancia l’ennesimo segnale verso il segretario Bersani, mai così in difficoltà . La stagione delle primarie per la premiership è passata. Ora c’è la scommessa cruciale delle amministrative, Ora non pensa più a candidarsi, spiega. «È improbabile, se il Pd rimane sul terreno del centrosinistra». 
Nel frattempo alla Camera Bersani entra nella riunione del gruppo parlamentare sulla legge elettorale. E gli risponde. In realtà  risponde a Veltroni, che da due giorni gli chiede se il Pd appoggerà  Monti «senza se e senza ma» anche nel caso in cui il governo ‘tocchi’ l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Il Pd, dice Bersani, chiede che il governo trovi un’intesa con le parti sociali, ma se l’intesa non dovesse arrivare, il suo sì alla riforma del lavoro non è scontato. «Vedremo». Quanto alla legge elettorale, nel pomeriggio i democratici approvano l’ennesima loro proposta, la «bozza Violante», un sistema tedesco corretto, con una soglia di sbarramento variabile in caso di collegi uninominali o nella quota proporzionale assegnata con le liste circoscrizionali molto corte di 3 candidato. Per gli «alleabili» Sel e Idv non è rassicurante. Ma anche in questo caso Bersani lancia segnali distensivi. Parla a Rosy Bindi, che chiede garanzie sul bipolarismo, perché Vendola e Di Pietro intendano: l’indicazione preventiva della coalizione allo stato nella bozza non c’è, ma «è un problema risolvibile». 
Ma se ci sono «due destre», ci sono anche due sinistre, in una versione riveduta e corretta rispetto a quelle di un decennio fa. E ce n’è una che rifugge come la peste qualsiasi contiguità  con il governo Monti, neanche per interposto partito democratico. In questo stesso pomeriggio si riunisce, sempre a Roma, per la presentazione di un libro su Rifondazione comunista (In direzione Ostinata e contraria, dello storico Paolo Favilli). Dibattito hard, tema impegnativo, come si deve fra rifondatori a vario titolo del comunismo. 
Ma non è solo dibattito sulle origini del partito. Perché insieme a Mario Tronti, presidente del Crs, ci sono Fausto Bertinotti e Paolo Ferrero. Che sull’analisi della storia del Prc che hanno contribuito a fondare (e anche poi a assottigliare) hanno qualche divergenza. Ma sul governo Monti hanno un giudizio così vicino che il segretario in carica offre la tessere all’ex, che ha lasciato il partito ai tempi della fuoriuscita di Vendola: il governo Monti è «un governo costituente», spiega Bertinotti (lo scrive anche nell’ultimo numero della rivista Alternative per il socialismo). Bertinotti parla della «fondazione, su rinnovate basi di classe, di una nuova statualità  sovranazionale e della sua articolazione nazionale senza democrazia». E la sinistra ha speranza solo se «se saprà  crescere, espandersi e costituirsi in una coalizione capace di fare società . Un’impresa tutt’altro che facile. In quel ‘noi 99 per cento, voi 1 per cento c’è, però, iscritta una possibilità ». E Ferrero: «Il problema è costruire un’opposizione durissima al governo Monti, unendo la sinistra». Il Pd «dovrebbe decidere una volta per tutte da che parte stare: cosa faranno i democratici nel caso in cui il governo Monti decida di metter mano all’articolo 18?»


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