Netanyahu vince a mani basse, strizzando l’occhio ai coloni

by Editore | 2 Febbraio 2012 8:50

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A celebrare però sono soprattutto i coloni israeliani. La battaglia per la guida del Likud infatti è stata una gara nel promettere aiuti al movimento dei coloni nei Territori occupati palestinesi. Netanyahu, pur di non farsi scavalcare a destra, ha concesso molto. A cominciare dalla creazione di una commissione che avrà  l’incarico di individuare la strada per legalizzare retroattivamente gli avamposti colonici, fuorilegge perché costruiti senza l’autorizzazione dello Stato (per le risoluzioni internazionali però sono illegali tutti gli insediamenti israeliani nei Territori occupati). Una mossa volta ad attirare le simpatie perdute tra i settlers che gli rimproverano di essere «troppo morbido» con i palestinesi, nonostante il premier non abbia fatto alcuna concessione all’Anp di Abu Mazen sulla questione delle colonie. Anzi, la scorsa settimana Netanyahu ha anche proposto maggiori incentivi finanziari volti a incoraggiare la migrazione verso gli insediamenti. I coloni ora sono convinti di poter salvare Migron, il più importante degli avamposti colonici, che per ordine della Corte Suprema dovrà  essere smantellato entro il 31 marzo.
«Abbiamo dimostrato – ha detto Netanyahu ai suoi sostenitori – che il Likud è un movimento forte e unito, un movimento democratico. Continueremo a guidare Israele mentre di fronte a noi si stagliano sfide molto grandi, superiori a quelle con cui si cimentano gli altri Paesi. Ma, forti della nostra unità , ce la faremo». Sorride anche il rivale Feiglin, esponente di punta dell’ultradestra religiosa e fautore dell’annessione a Israele dell’intera Cisgiordania. Feiglin da tempo spinge per la «migrazione» dei palestinesi verso altri paesi, attraverso incentivi economici. Ben diversi i commenti dell’opposizione: per Kadima (spaccato per le rivalità  fra la leader Tzipi Livni e il suo vice Shaul Mofaz), «il Likud ha deciso di proseguire con la sua politica estremista che sta tenendo prigioniero Israele». Il partito laburista invece è convinto che la rielezione di Netanyahu e la politica del Likud, lo aiuteranno a guadagnare consensi.
Ma i sogni laburisti e di Kadima si scontrano con la popolarità  di Netanyahu che, a questo punto. potrebbe puntare a elezioni politiche anticipate al prossimo ottobre, un anno prima del previsto. A indurlo a questa mossa sono i sondaggi che danno in grande vantaggio il Likud su tutte le altre forze politiche e la disorganizzazione dell’astro nascente della politica nazionale, il giornalista Yair Lapid, nuovo punto di riferimento dei centristi. Lapid, in ogni caso, strapperà  voti più a Kadima che al partito del premier. Secondo Ynet, sito del quotidiano Yediot Aharonot, che ieri citava fonti vicine al primo ministro, Netanyahu vorrebbe votare il prossimo ottobre prima delle presidenziali americane, perché «se Barack Obama vincesse di nuovo, potrebbe danneggiare l’immagine di Netanyahu».
È facile prevedere che la politica israeliana non cambierà  nei prossimi anni. Con Netanyahu sempre saldamente al potere sono destinati a cadere nel vuoto gli appelli alla flessibilità  lanciati ieri da Ban Ki Moon, il segretario generale delle Nazioni Unite. Da Ramallah, dove si è recato dopo aver incontrato i vertici israeliani, Ban Ki Moon ha esortato Israele a fare «gesti di buona volontà » per rilanciare il negoziato con i palestinesi. Più di tutto, è tornato a chiedere uno stop agli insediamenti colonici in Cisgiordania e Gerusalemme est. Da oggi in Israele e Territori occupati ci sarà  anche il presidente della Feps (Fondazione europea per gli studi progressisti) ed ex presidente del consiglio Massimo D’Alema, nel quadro di un viaggio in Medio oriente che lo porterà  anche in Egitto. D’Alema, che sarà  accompagnato dall’europarlamentare spagnolo Raimon Obiols, incontrerà  esponenti di governo israeliani e palestinesi, tra i quali il premier dell’Anp Salam Fayyad. Sabato sarà  ospite della «Scuola di gomme» per bambini beduini di Alhan Al Akhmar, in Cisgiordania – realizzata nel 2009 dalla Ong «Vento di Terra» – minacciata di demolizione dalle autorità  israeliane.

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