by Editore | 1 Febbraio 2012 9:55
Secondo l’agenzia dell’Onu 1.500 persone sono decedute nelle rotte dal nord Africa verso le coste europee. Ma per il Consiglio italiano dei rifugiati i morti sono molti di piùÈ una strage tanto silenziosa quanto annunciata, quella che si è consumata nel Mediterraneo, nell’anno appena passato, sotto gli occhi di un’Europa indifferente. Secondo i dati diffusi ieri dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), più di 1.500 migranti e rifugiati partiti dalle coste del Nord Africa sono morti affogati o dispersi nel 2011 nel tentativo di raggiungere il vecchio continente. Un numero già impressionante, il più alto mai registrato da quando l’Unhcr ha iniziato, nel 2006, a tenere questo triste conto. Eppure, secondo Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano rifugiati (Cir) «è una stima assolutamente al ribasso». E non solo perché possono essere conteggiate solo le vittime dei naufragi di cui si ha notizia, senza considerare cioè quelli “fantasma”, con le tante persone che, secondo le denunce arrivate dall’altra sponda del Mediterraneo, sono partite e mai approdate. «Le nostre fonti parlano di un numero di morti accertati ben più elevato – spiega al manifesto Hein – almeno sopra le 2 mila vittime, e solo nel Canale di Sicilia». Una rivelazione in qualche modo confermata dalla stessa portavoce dell’Unhcr, Sybella Wilkes, che ieri a Ginevra ha ammesso: «I nostri team in Grecia, Italia, Libia e Malta avvertono che il numero di morti in mare potrebbe essere ancora più alto, ma è difficile avere un dato certo».
Prima del 2011, negli ultimi dieci anni l’annus horribilis era stato il 2008 quando, secondo il blog di Gabriele Del Grande Fortress Europe, «si contarono nel Canale di Sicilia 1.274 vittime a fronte di 36.000 arrivi» sull’isola. Anche in questo primo mese dell’anno almeno tre imbarcazioni hanno lasciato la Libia dirette verso l’Europa ma solo due sono state tratte in salvo, una nei mari italiani l’altra in quelli maltesi. La terza nave, con a bordo 55 somali, è naufragata il 14 gennaio; solo 18 corpi, di cui 12 donne e una bambina, sono stati recuperati. Ma l’anno scorso, a causa delle cosiddette «primavere arabe» c’è stato un record anche di sbarchi in Europa: 58 mila persone, quasi tutte concentrate nei primi sei mesi dell’anno, come d’altronde anche le morti. La precisazione arriva ancora dall’agenzia dell’Onu: la maggior parte sono giunti in Italia, 56 mila di cui 28 mila tunisini; 1.574 sono sbarcati a Malta e 1.300 in Grecia.
Lampedusa, invece, è stato il porto d’approdo di due grandi rotte, quelle dalla Libia e dalla Tunisia. «Ma il grosso dei migranti proveniva dai porti libici – spiega ancora Hein – secondo noi almeno 28 mila persone, contro le 25 mila partite dalla Tunisia». A questo punto le testimonianze raccolte in Libia dal Cir convergono largamente con quelle dell’Unhcr: entrambe le organizzazioni parlano di migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana costretti da guardie armate libiche a imbarcarsi a forza in massa su «barconi non adatti alla traversata, destinati inevitabilmente a naufragare». «Si era scatenata una vera caccia all’uomo contro i neri accusati da una parte di essere al soldo di Gheddafi e dall’altra di tradimento, e molti in queste condizioni tentavano la fuga a tutti i costi. Sappiamo anche – continua il presidente del Cir – di rifugiati del Corno d’Africa che dalla Libia sono scappati in Tunisia ma poi sono tornati indietro proprio per la maggiore facilità ad imbarcarsi. Va insomma ricordato che c’è stata una politica ben precisa da parte di Gheddafi per vendicarsi contro l’intervento Nato e l’Europa non ha fatto nulla». Hein racconta che fin dal 3 marzo 2011, quando incontrò il commissario europeo Cecilia Malmstrà¶m, il Cir e altre organizzazioni umanitarie sollecitarono «con insistenza un appello agli Stati membri per organizzare un’evacuazione umanitaria dei tunisini dai porti libici». Appelli che si ripeterono nei mesi successivi, in piena crisi libica. «Ma solo molto dopo, verso la fine dell’anno, venne messo in atto uno di quei trasferimenti protetti, legali, dal nord Africa (con 700 posti di reinserimento dalla Tunisia in vari Paesi europei) che sarebbero stati l’unica salvezza per tanti migranti e rifugiati».
«Poi, dopo la presa di Tripoli da parte dei ribelli, le cose lentamente cambiarono – conclude Hein – anche se ancora oggi purtroppo dobbiamo registrare di nuovo centri di detenzione dove gli immigrati vengono rinchiusi e anche torturati». A giorni, annuncia il presidente del Cir, la Federazione internazionale per i diritti umani che ha sede a Parigi pubblicherà il rapporto della missione compiuta recentemente insieme a Medici senza frontiere nella Libia liberata.
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