Naufragio del Giglio, quanto ci costa la Costa!

by Editore | 6 Febbraio 2012 10:41

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Il ministro dell’ambiente Clini, si è già  espresso a favore di un decreto interministeriale per regolare il traffico marittimo nelle zone a rischio, come il Santuario dei Cetacei; ora è il ministro dei trasporti che deve assumersi le sue responsabilità .

Dopo i morti, il naufragio della Concordia rischia di provocare un grave disastro ambientale nel bel mezzo del Santuario, un’area che dovrebbe essere protetta dal 2001. La priorità  è la rimozione del carburante ma ci sono molte altre sostanze inquinanti nel relitto: centinaia di litri di vernici, smalti, insetticidi, detergenti, circa 1300 metri cubi di acque nere e grigie, tonnellate di cibo e bevande.

Un altro disastro quanto ci “Costa”? Chiedi anche tu al ministro Corrado Passera di emanare subito il decreto interministeriale per tutelare la sicurezza dei trasporti, la salute pubblica e l’ambiente. Sbrigati ministro!”

Greenpeace spiega meglio di cosa si tratta: “La legge 51 del 2001 (art. 5, comma 2) permette di regolamentare, con un decreto del ministro delle Infrastrutture di concerto con il ministro dell’Ambiente, il traffico marittimo nelle aree “a rischio”. Purtroppo il silenzio del ministro Passera e l’annuncio di un possibile accordo volontario con gli armatori, ci spinge a pensare che, passata l’emozione dovuta all’ennesimo disastro, il governo ci stia ripensando. Dopo i morti, adesso rischiamo un disastro ambientale: una regolamentazione precisa e vincolante del traffico marittimo nelle aree sensibili non è rinviabile.

L’Isola del Giglio si trova all’interno del Santuario dei Cetacei, un’area protetta nata con un Accordo tra Italia, Francia e Monaco, in vigore dal 2001, ma che non è mai stata tutelata davvero. Da tempo denunciamo una serie di minacce al Santuario tra cui la pericolosità  del traffico marittimo: in estate nell’area circolano ogni giorno oltre duecento imbarcazioni tra navi passeggeri, petroliere e cargo.

Quello della Costa Concordia non è certo il primo incidente navale: solo a metà  dicembre, a poche decine di miglia più a nord, il traghetto della Grimaldi Lines “Eurocargo Venezia”, aveva perso in mare, durante una tempesta, circa quaranta tonnellate di sostanze tossiche”.

“Vogliamo subito un decreto per tutelare le aree marine a rischio e prevenire disastri come quello della Costa Concordia – dichiara Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace. Mentre il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, si è già  espresso a favore di una regolamentazione severa in proposito, il ministro dei trasporti, Corrado Passera, continua a ignorare il problema.

Da anni Greenpeace denuncia la totale mancanza di tutela del Santuario dei Cetacei. Mentre gli incidenti si ripetono, i rischi e il degrado sono in aumento. Non vogliamo attendere il prossimo disastro. E ora che tutti gli attori politici coinvolti si assumano le proprie responsabilità , a cominciare dal ministro dei trasporti» conclude Monti”.

La tutela richiesta da Greenpeace prevede una canalizzazione del traffico nelle aree sensibili (Canale di Piombino, Arcipelago Toscano, ingresso porti principali), la limitazione della velocità  (e della rumorosità ), un’anagrafe degli idrocarburiscaricati nei terminali petroliferi (oil fingherprint), un preciso controllo del traffico navale di imbarcazioni con carichi pericolosi e grandi navi da crociera superiori a una certa stazza, con opportune disposizioni per garantire la sicurezza del traffico e la tutela dell’ambiente.

Approfondisce la questione il sito di informazione ambientale ecoo.it: “L’impatto ambientale determinato dalle navi da crociera che passano vicino alla costa non è sempre visibile… Il problema è sempre quello di favorire un turismo ecosostenibile, in grado di non mettere a rischio la sostenibilità  ambientale, perché altrimenti si finirebbe di non poter contare più su un patrimonio ambientale prezioso, tutto da tutelare.

Uno dei problemi dettati dal passaggio delle navi da crociera vicino alle coste è rappresentato dalle emissioni atmosferiche. Gli standard stabiliti a livello internazionale permettono nei carburanti delle navi una concentrazione di zolfo del 4,5%. Il tutto prevede anche un progetto di riduzione dell’1,5%, che comunque è valido solo per i traghetti di linea e non per le navi dedicate al turismo, come le navi da crociera.

Ma a destare preoccupazioni è anche l’inquinamento elettromagnetico determinato dai radar e dal funzionamento dei motori, i quali sono essenziali anche per alimentare le numerose attività  di bordo”.

Di qui la proposta del decreto legge. “La norma risponde anche alla necessità  di assicurare un turismo ecocompatibile a tutti gli effetti. Si valuterà  la necessità  di dotare le navi di un doppio scafo. Ecco che cosa Clini ha dichiarato sull’argomento: “Stiamo valutando anche la possibilità  di una norma da applicare a livello internazionale:l’obbligo di doppio scafo per le navi passeggeri il cui stoccaggio carburanti superi determinati limiti.”… La norma dovrebbe chiarire delle questioni fondamentali che riguardano le linee guida per le

Capitanerie di Porto, con la specificazione dei criteri applicabili alla navigazione e delle rotte da seguire in modo rigido. Dei criteri severi a quanto pare dovrebbero riguardare due aree in pericolo: la laguna di Venezia e l’arcipelago toscano“.Clini è intervenuto sulla questione del passaggio delle navi vicino alla costa. Una situazione non più tollerabile visto che questa abitudine, oggi nota con il termine di “inchino”, ha uno scopo prettamente turistico che dimentica qualsiasi problema dell’impatto ambientale. Le grandi navi dovrebbero rimanere al largo e bisognerebbe trovare altri modi per portare i turisti a destinazione.

Riporta ancora il sito ecoo.it: “Il ministro dell’Ambiente intende istituire un contributo di solidarietà  sul petrolio e sul traffico passeggeri, in modo da destinare il ricavato alla protezione delle coste. Clini fa notare che esistono delle regole a questo proposito, delle specifiche norme, che andrebbero a favore della tutela dell’ambiente, ma spesso queste leggi vengono disattese, andando contro la sostenibilità  ambientale. Il contributo sarebbe quindi un provvedimento che mira alla prevenzione del problema, che dovrebbe comunque essere sostenuto da leggi più severe che riguardano il passaggio delle navi in zone piuttosto sensibili dal punto di vista ambientale.

Le coste italiane, con la loro ricchezza di beni ambientali, architettonici, urbanistici e territoriali costituiscono un patrimonio prezioso sul quale si incentra il turismo. Ma tutto questo non deve far mettere da parte la tutela ambientale. Solo così si può arrivare alla costituzione di una forma di turismo ecosostenibile.

Da questo punto di vista il ministro Clini si appella al buon senso: “Il buonsenso suggerisce che, se il valore principale da tutelare è quello del nostro patrimonio naturale e paesaggistico, risorsa fondamentale per il nostro turismo, dobbiamo evitare che venga messo a rischio.”

Di solito però se facciamo conto soltanto sul buon senso non andiamo da nessuna parte. Ancora una volta bisogna fare pressione sul palazzo, perché la salute del mare è la nostra stessa salute[PGC]

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