Monti vola da Obama “Un nuovo patto Usa-Ue per rilanciare l’economia”

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NEW york – Viene accolto oggi alla Casa Bianca «il premier europeo più amato dai tedeschi». Così il Wall Street Journal presenta Mario Monti nel giorno del suo summit con Barack Obama. È proprio la sua caratura “germanica” una delle qualità  che lo rende prezioso per gli Stati Uniti in questa fase. Nell’invitare il presidente del Consiglio a Washington, Obama ha voluto sottolineare lo stacco rispetto al predecessore («la cui fama di playboy e scherzi di cattivo gusto gli conquistarono pochi amici» in America, ricorda ancora il Wall Street Journal). Dall’inizio del governo Monti si è diradata sui mercati quella cappa di paura – lo spread Btp-Bund come misuratore del rischio di un default – che Obama e il suo segretario al Tesoro Tim Geithner sorvegliano quotidianamente. Per ben due volte, all’inizio del 2010 e ancora all’inizio del 2011, una ripresa americana si è spenta a causa dei venti di panico soffiati dall’Europa. Siamo alla terza “partenza”, con quasi mezzo milione di posti di lavoro in più creati in America dall’inizio dell’anno. Obama ha bisogno più che mai che questa crescita non sia interrotta da tempeste esterne: ne va della sua rielezione a novembre. 
Stima e gratitudine per Monti, ma anche una speranza: che il premier “germanico” aiuti Washington a smuovere le resistenze di Angela Merkel. Tra Obama e la cancelliera tedesca non si è mai stabilito un feeling, nonostante le telefonate a ritmo bi-settimanale nelle fasi convulse di crisi dell’eurozona. Il presidente americano considera la Germania inadempiente quanto la Cina, rispetto agli impegni presi nel vertice G20 di Pittsburgh (settembre 2009). Allora fu definita la “dottrina Obama” che descriveva i macro-aggiustamenti necessari per uscire dalla crisi: i paesi più indebitati come gli Stati Uniti dovevano stringere la cinghia, quelli con ampi surplus di risparmio e di bilance commerciali dovevano aumentare i consumi e le importazioni, trasformarsi in locomotive. Sono passati due anni e mezzo, e l’unica locomotiva torna ad essere l’economia americana. Troppo poco per rilanciare una crescita solida e durevole. Il banchiere centrale della Fed, Ben Bernanke, presta man forte a Obama: «Politiche di soli tagli e tasse non consentono di ripartire». Ora Obama spera che un italiano un po’ teutonico diventi il suo partner nel gioco di sponda verso Berlino, un ruolo che avrebbe dovuto ricoprire Nicolas Sarkozy ma nel quale il presidente francese ha deluso. Il «patto Ue-Usa sulla buona gestione delle rispettive economie» che Monti offre a Obama, è d’attualità  nel giorno stesso in cui l’agenzia Standard&Poor’s indica come possibile un secondo declassamento del rating sovrano degli Stati Uniti. 
L’attenzione al rigore della finanza pubblica aiuterà  Monti a sciogliere il ghiaccio nel suo primo incontro di Washington, l’appuntamento di stamani con il presidente della Camera, il repubblicano John Boehner che ha boicottato tutte le iniziative di spesa di Obama. Segue un pranzo-conferenza al think tank di economia internazionale Peterson Institute, prima del bilaterale alla Casa Bianca. Dove anche la politica estera farà  capolino, oltre a essere il menù principale nel colloquio fra Hillary Clinton e Giulio Terzi. La Siria è in primo piano, dopo che la risoluzione Onu voluta da Obama, Unione europea e Lega araba si è infranta contro il veto russo-cinese. Obama si gioca tutto il bilancio delle “primavere arabe”. I segnali negativi dall’Egitto ridanno vigore alle polemiche della destra americana, che accusa il presidente di aver mollato alleati storici come Mubarak, garante almeno della pace con Israele. Sullo sfondo c’è la minaccia più seria di tutte, l’Iran nucleare, che in caso di attacco preventivo da Israele potrebbe trascinare Obama in un conflitto a pochi mesi dalla scadenza del suo primo mandato. Le emergenze internazionali accompagneranno Monti anche nella sua seconda giornata americana: la tappa a New York dedicata domattina all’incontro con il mondo della finanza, seguito dall’appuntamento con il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon.


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