Monti fino al 2013, poi arrivederci

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Quanto al dopo, invece, «non immagino che si possa andare alle elezioni proponendo eccezionalità . Spero che si possa andare al voto pretendendo una democrazia normale, dove ci siano progetti alternativi». Messaggio chiaro ai suoi democratici. Amici e non. E i non amici, le minoranze veltronian-centriste, non fanno mistero di voler costruire un «partito di Monti» non solo o non tanto per candidare l’attuale premier a succedere a se stesso, quanto per costruire un’area a trazione centrista da presentare unita («federata», dice l’ex Ppi Beppe Fioroni) alla prossima scadenza elettorale, senza l’ala sinistra costituita dagli alleati di Vasto del Pd. Un progetto da realizzare con un’apposita legge elettorale. E che non potrebbe essere guidato dall’attuale leader Pd, fautore di alleanze centriste ma anche garante, fin qui, della coalizione con Idv e Sel. Per questo futuribile caravanserraglio di centro-sinistra-destra ci vorrebbe invece «un federatore», meglio se fintamente tecnico, meglio se ministro di questo governo. E se Monti ripete ormai una volta al dì che non vuole succedere a se stesso (ieri lo ha detto alla Bocconi, annunciano un ritorno al suo ruolo nell’Università  «presto»), potrebbe essere il ministro Passera a prendere il suo posto. Un’accelerazine formidabile, in questa direzione, può venire dalla riforma del mercato del lavoro, al cui voto positivo – a prescindere dai contenuti – già  si dispone un primo drappello di centristi Pd. Ma Bersani ieri ha tracciato un altra strada, di qui fino al 2013 e soprattutto oltre. Intanto professando incrollabile fede nell’accordo con le parti sociali. «La Cgil non si alzerà  dal tavolo perché se fallisce quel tavolo si alzeranno tutti». E poi rivendicando una candidatura alla premiership e al governo del paese, se non ancora per sé almeno per la politica. «Nel 2013 ci sarà  consentito di essere una democrazia come le altre, di vedere un sistema politico riformato? Siamo sempre in emergenza o dopo l’emergenza c’è un futuro per questo paese? Lo chiedo per l’Italia, non per il Pd. Poi le figure tecniche sceglieranno, da parte nostra c’è grande apertura: quando candidammo Prodi, lui era un tecnico; quando Ciampi era al governo era un tecnico».


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Un inseguimento ventennale, tra la pretesa della giustizia di applicare a Berlusconi le medesime regole valide per gli altri cittadini e la pretesa di Berlusconi di esserne esonerato in ragione dell’indubbio e permanente consenso popolare, finisce ieri sera quando il tre volte presidente del Consiglio e uomo più ricco d’Italia, sinora sempre riuscito per una ragione o per l’altra ad annullare i 6 match point avuti dall’accusa in altrettante condanne di merito, incassa la prima condanna definitiva proprio dalla Cassazione, «il mio giudice a Berlino» tante volte da lui contrapposto all’asserita prevenzione ideologica dei giudici di merito milanesi.

CERCASI REGISTA PER ALLEANZA

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  C’È UNA singolare incoerenza in questo inizio di campagna elettorale. Le forze più responsabili del Paese, quelle presenti in Parlamento ma anche quelle che esprimono una parte della società  civile più consapevole dei problemi del Paese, improvvisamente si ritrovano a sfidarsi a duello. In una contesa che sembra guardare poco al merito delle questioni e – per usare un termine ormai di moda – alle rispettive agende.

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