Monti ai giudici, nessuna promessa sulla responsabilità 

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Sul tavolo l’ormai noto articolo sulla responsabilità  civile dei giudici aggiunto dal leghista Pini alla legge comunitaria ed approvato la settimana scorsa alla camera. Quando ai sì del Pdl e della Lega si era aggiunto, nel voto segreto, l’appoggio di una quarantina di deputati del Terzo Polo e (non si può escludere) del Pd. La norma introduce la responsabilità  diretta del magistrato per gli errori giudiziari, si tratti di dolo o colpa. Il giudice rischia di essere così ricattabile dagli imputati, specie da quelli con un buon collegio difensivo. L’Anm ha illustrato anche un altro pericolo al presidente del Consiglio, alla ministra della giustizia e al sottosegretario Catricalà . Se gli imputati potranno immediatamente citare il giudice per danni, potranno ricusarlo un attimo dopo, nella causa principale. L’effetto sarebbe la paralisi dei processi.
In un’ora di colloquio Monti non ha preso impegni precisi, non si è giunti a un’ipotesi di correzione della legge che è in attesa di approdare al senato. Palamara ha spiegato che almeno sul punto della responsabilità  diretta l’Anm non può trattare. «Per noi è inaccettabile», ha detto. I magistrati vogliono conservare il principio introdotto con la legge del 1988 in base al quale è lo stato italiano il primo responsabile per gli errori giudiziari. Poi può eventualmente rivalersi sul giudice, anche se questo in concreto non accade. «Ci impegneremo a considerare delle modifiche», ha detto la ministra della giustizia lasciando l’incontro. Ma a leggere il comunicato diffuso subito dopo, la «ferma intenzione» del governo è solo quella di lasciare la responsabilità  ai partiti. Palazzo Chigi si impegna infatti ad «attivare un dialogo con le forze parlamentari per raggiungere il massimo dell’intesa su una modifica che assicuri una corretta interpretazione della giurisprudenza europea e, al contempo, consenta ai magistrati di lavorare con serenità  di giudizio nelle loro funzioni».
Subito dopo l’approvazione dell’emendamento Pini alla camera, l’Anm aveva ipotizzato un sciopero della categoria. Poi le tre correnti che guidano il sindacato delle toghe avevano frenato in attesa proprio dell’incontro di ieri con Monti. Così ieri sera Palamara ha preso tempo per valutare le evoluzioni. «Discutiamo su come migliorare il funzionamento della legge del 1988 ma non facciamo passare il messaggio che se il giudice sbaglia non paga», ha detto. Oltretutto siamo alla vigilia del rinnovamento del comitato centrale delle toghe, tra domenica e martedì prossimi le correnti peseranno la loro forza e questo ritorno sulle barricate dell’Anm, senza più Berlusconi, può essere letto anche in chiave di campagna elettorale. Il Pd che a Montecitorio è stato preso di infilata dal Pdl e dalla Lega, accontentandosi della contrarietà  del governo all’emendamento Pini e fidandosi della lealtà  dei berlusconiani, a questo punto può solo sperare nelle capacità  di persuasione dei ministri e, soprattutto, del sottosegretario Catricalà . «L’apertura che si registra nelle forze politiche lascia ben sperare», dichiara la capogruppo al senato Finocchiaro. Ma a ben vedere non c’è nessuna apertura, se non al generico confronto. «Parteciperemo con spirito costruttivo alla discussione – si diverte il capogruppo Pdl Gasparri – ma difenderemo il principio che ora c’è e resterà ». «Non torneremo indietro», assicura Alfano. Perché al senato la vecchia maggioranza Pdl-Lega va dove vuole, anche da sola.


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