by Editore | 5 Febbraio 2012 11:45
Tutti vogliono collaborare con scrittori e affini, e qualcuno lo fa per davvero – figure come Tacita Dean e Dominique Gonzalez-Foerster hanno dialogato con W.G. Sebald ed Enrique Vila-Matas – ma i risultati stentano a scintillare, perlomeno sul piano della vischiosità narrativa, quel meccanismo magico che differenzia la prosa libera dal racconto. Per esempio, la distanza che separa William Burroughs da Herman Melville: un fantastico autore di frammenti quantistici e uno dei più importanti autori della storia.
E ora, non a caso, esce Moby Dick in Pictures (Tin House Books, 39,95 dollari), un tentativo encomiabile di comunione profonda e ossessiva tra letteratura e arti visive, grani di parole e grani di visione approntati per l’occasione, pagina dopo pagina, citazione dopo citazione, con un serio approccio votato all’intelligibilità . Ne è responsabile Matt Kish, che nemmeno si considera un artista, ma che per mesi, dal 5 agosto 2009, ha iniziato a pubblicare online un disegno per ogni pagina di Moby Dick nella versione ufficiale filologica uscita per il centocinquantenario dell’opera. Un disegno per ogni pagina, progressivamente, puntualmente, utilizzando tecniche diversissime e stili antitetici, dalla pittura in acrilico al collage brutale, in un’inconsapevole e strabiliante passacaglia di motivi e figure, forse il più ambizioso tentativo di espressione amatoriale mai realizzato. Ciò che colpisce non è tanto la forza concettuale del progetto (qualcosa di simile era stato approntato per L’arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon), ma proprio la devozione di Kish per il dettato melvilliano: le sue creazioni folk, da illustratore pazzo d’amore, così simili agli ex-voto di Dino Buzzati per colori e forme, aggiungono sempre qualcosa e non sottraggono nulla.
Prendete pagina 335 (373 dell’edizione Adelphi): «Per certi aspetti la veduta fisiognomica più imponente, forse, che si può avere del capodoglio è quella di piena faccia. Questo suo aspetto è sublime», frase di per sé potentissima, cui tuttavia si accompagna il disegno a inchiostro di un monumento proiettato verso l’alto, a metà fra un obelisco e un osservatorio astronomico, sullo sfondo di un foglio pieno di numeri, sporcato di arancione e di bande-arcobaleno tipo Dark Side of the Moon. Ecco a cosa tende il dialogo fra discipline, al suo meglio – il dovere del testo, e una feconda distrazione su tutto il resto.
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