Marchionne da Putin, Fiat accelera in Russia
TORINO – Si potrebbe definirlo il patto della steppa perché è evidente che il 15 febbraio scorso, in una sala riservata dello stabilimento di Naberezhnye Chelny, nel Tatarstan russo, Sergio Marchionne e Vladimir Putin non hanno parlato solo dei trattori che la fabbrica nata dalla joint venture Cnh-Kamaz sforna in gran quantità (+40% la produzione 2011 rispetto all’anno precedente). Il vertice, del tutto inatteso e annunciato ieri con due giorni di ritardo, è servito a fare il punto su tutta la complessa partita russa del Lingotto. Nel giugno scorso Marchionne aveva firmato un protocollo con Mosca per una fabbrica di automobili da oltre un miliardo di dollari. Lo stabilimento, secondo indiscrezioni mai smentite da Fiat, dovrebbe sorgere nell’area industriale di San Pietroburgo e produrre modelli dei marchi Fiat e Jeep. Ma a questo annuncio non erano seguiti fatti concreti. A Detroit, in occasione del Salone dell’auto, lo stesso Marchionne aveva annunciato «novità a breve in Russia», senza essere più preciso.
Il faccia a faccia di tre giorni fa con Putin è certamente servito a chiarire le posizioni e, probabilmente, a stringere i tempi per l’annuncio sulla Russia promesso dall’ad del Lingotto. Che Torino stia accelerando sul dossier è evidente da qualche settimana. All’inizio dell’anno il Lingotto ha reso noto di aver sciolto l’accordo di commercializzazione delle automobili con Sollers, l’ex partner che nel frattempo aveva cambiato alleanza stringendo un patto con Ford. Così oggi Fiat vende direttamente nei suoi concessionari, potendo ormai sfruttare anche la rete Chrysler nell’area. L’attesa per gli annunci ufficiali sul settore auto, dunque, cresce. Per ora di ufficiale ci sono solo le parole di Marchionne (ieri già rientrato a Torino per partecipare alla cerimonia in memoria delle vittime delle foibe) sul buon andamento della joint venture nelle macchine agricole con Kamaz: «Abbiamo mantenuto tutti gli impegni presi nell’accordo siglato alla presenza del primo ministro Putin».
In attesa di recuperare terreno in Russia, il Lingotto si consola con i numeri record della Ferrari nel 2011. Con oltre 7.000 pezzi venduti, il più alto numero di sempre, Maranello dimostra che nel mezzo della crisi mondiale c’è chi ha fatto fortuna. Gli utili salgono a 312 milioni (+3,2%), un risultato importante se si tiene conto degli ammortamenti per il lancio degli ultimi due modelli, e il fatturato cresce del 17%: «Nonostante la crisi – dice Luca di Montezemolo – abbiamo ottenuto un risultato molto soddisfacente, frutto della ricerca e dell’innovazione continua. Oggi siamo presenti in 58 paesi». Il primo mercato Ferrari continua a essere quello Usa (1.958 vetture vendute, +8%) seguito da Germania (+14) e Gran Bretagna (+23). Presentando mi risultati 2011, Montezemolo ha confermato ieri che al prossimo salone di Ginevra verrà presentata una nuova 12 cilindri da 700 cavalli.
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