by Editore | 2 Febbraio 2012 8:06
ROMA – Cambiare l’articolo 18. Confindustria non demorde. Ieri il presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, ha riproposto la questione direttamente ai leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, nell’incontro informale in vista della ripresa, oggi a Palazzo Chigi, del negoziato con il governo sulla riforma del mercato del lavoro.
Le imprese chiedono di limitare la possibilità di reintegrare nel posto di lavoro solo i lavoratori licenziati in maniera discriminatoria, riducendo così le fattispecie della “giusta causa” oggi protette dall’articolo 18. Nel pacchetto confindustriale c’è anche la proposta di accelerare i processi che riguardano i licenziamenti senza giusta causa. Questo è l’unico punto sul quale i sindacati sono d’accordo. Per il resto è stata la Camussoa tirare la sintesi in serata davanti alle telecamere del Tg3: «Se si continua a sollevare la questione dell’articolo 18, si deve avere il coraggio di dire chiaramente che ci possono essere licenziamenti discriminatori. Altrimenti si continua a fare una discussione finta. Per noi, ribadisco, l’articolo 18 è una norma di civiltà ».
Ma non è solo per la distanza sui licenziamenti, che Confindustria e sindacati non hanno definito ieri un documento comune. L’idea del documento o addirittura di un “avviso comune”, innanzitutto, era caldeggiata esclusivamente dalla Cisl con una sponda del tutto tattica della Confindustria. Cgil e Uil si sono dette sempre contrarie. La verità , poi, è che un documento comune avrebbe posto il governo davanti a una sorta di aut aut delle parti sociali. Un prendere o lasciare al contrario. Mentre l’obiettivo è quello di fare un negoziato con l’esecutivo.
Dunque gli scambi, se ci saranno, si faranno a Palazzo Chigi.
Dopo la falsa partenza di qualche giorno fa, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha tolto dal tavolo il suo documento che delineava una riforma degli ammortizzatori sociali che non piaceva a nessuno. Il perimetro del negoziato ora sembra più chiaro: quattro tavoli (contratti, flessibilità e sviluppo, ammortizzatori sociali e formazione); la riforma riguarderà il futuro e non gli attuali rapporti di lavoro; l’emergenza occupazionale, infine, sarà gestita con gli ammortizzatori che già esistono (cassa integrazione straordinaria, in primis).
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