Maldive, la polizia caccia il presidente golpe nel paradiso delle vacanze
BANGKOK – Un piccolo tsunami politico, un colpo di Stato “sventato” grazie alla resa del presidente uscente, il 44enne Mohamed Nasheed. Con le sue dimissioni annunciate in diretta tv («Non voglio governare con la forza», ha detto) si è risolta dopo tre settimane di proteste e senza spargimento di sangue, la nuova rivoluzione delle Isole Maldive, la destinazione di sogno di ogni turista nell’Oceano indiano.
La svolta – conclusa con il passaggio dei poteri al vicepresidente Mohamed Waheed Hassan – c’è stata quando un gruppo di poliziotti ammutinati ha preso d’assalto e dato alle fiamme la sede del Partito democratico di Nasheed nella capitale Malè. Gli stessi agenti hanno poi occupato la sede della tv di Stato MNBC ribattezzandola TV Maldives, come si chiamava ai tempi dell’ex presidente-dittatore Mamouon Abdul Gayoun.
Fedeli all’uomo che ha governato per 30 anni col pugno di ferro prima di venire sconfitto dal giovane Nasheed, erano anche le centinaia di manifestanti assembrati ogni sera per 22 giorni nelle strade del centro di Malé, la antica residenza dei Re Sultani e oggi una città moderna costipata di palazzi e uffici governativi costruiti fin sulle spiagge circondate dal mare. Chiedevano la liberazione di un magistrato vicino all’ex dittatore, messo in cella dal presidente dimesso con l’accusa di aver ordinato «arresti motivati politicamente». Anche l’ex magistrato appartiene al clan di Gayoun, oggi capo del Partito di “opposizione” con i numeri per controllare il Parlamento.
Nasheed ha tentato con tutti i mezzi di ottenere un aiuto internazionale, dalle Nazioni Unite al Commonwealth in quanto membro dell’ex Impero britannico. Ma alla fine ha capito che se rimaneva – come ha detto nel suo sibillino discorso d’addio – “forze esterne” avrebbero controllato il suo governo. Prima dell’annuncio delle dimissioni – «un vero e proprio golpe» secondo i suoi collaboratori – la situazione era comunque diventata tesissima, con l’uso di lacrimogeni e forse proiettili di gomma, mentre giovedì scorso l’esercito aveva fatto fatica a proteggere il Quartier generale della Difesa in Republic Square. Poi, come d’incanto, con le dimissioni è tornata la calma e le strade di Malè sono state di nuovo invase da una folla stavolta in giubilo, una festa alla quale si sono associati anche soldati e poliziotti, compresi quelli che nei giorni scorsi si erano confrontati armi in pugno prima della capitolazione del presidente.
Gayoun non ha mai digerito la sconfitta che lo costrinse nel 2008 a lasciare il potere a Nasheed sulla spinta della piazza concedendo il primo voto democratico che ha diviso in due la popolazione. Dei 300mila residenti quasi un terzo risiede a Malè e negli altri 200 isolotti abitati, 80 dei quali accolgono quasi un milione di turisti l’anno e altri mille sono disabitati e sparsi su centinaia di chilometri quadrati a sud dello Sri Lanka e dell’India.
Nei poco più di tre anni al governo, Nasheed ha fatto della difesa ambientale un suo cavallo di battaglia, promuovendo l’acquisto di terre per gli isolani coi soldi del turismo in previsione di un innalzamento dell’Oceano. Ma ogni suo gesto ha sempre risentito dell’enorme influenza politica del suo predecessore, che lo aveva fatto arrestare ben 27 volte durante le manifestazioni di piazza contro il suo regime trentennale, e oggi lo accusa di essere «corrotto» e «anti-islamico».
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