«Ora è un bel sentiero largo»

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In attesa che si riapra il tavolo di confronto, «la porta del ministro è sempre aperta». Elsa Fornero, ministro del lavoro-welfare (le due cose non vanno più d’accordo da molti anni), ha risposto così a chi le chiedeva se stava o no lavorando ad avvicinare le posizioni con le parti sociali (sindacati e Confindustria). Naturalmente ha tenuto a precisare che da quella porta passa con il saluto di benvenuto soltanto chi vuol «parlare di riforma del mercato del lavoro con l’agenda che abbiamo stabilito». E ognuno intende che l’agenda non riguarda tanto la tempistica («chiuderemo entro marzo»), quanto «il merito». A cominciare dall’art. 18, su cui non è disposta a fare alcun passo indietro.

In realtà , dentro lo schema «danese» illustrato a tratti dal ministro, la (comunque indigeribile) licenziabilità  dei dipendenti andrebbe compensata con un rafforzamento degli ammortizzatori sociali. Fino all’introduzione di un reddito di disoccupazione ben più sostanzioso e duraturo dell’attuale. Al contrario, il ministro si dice consapevole che il vincolo delle «risorse di bilancio», come per altre voci della spesa pubblica, «è drammatico». Al punto che «non abbiamo risorse aggiuntive, ma abbiamo arginato una perdita di risorse». O, come dice il ministro, «il senso dell’azione di questo governo è che quello che fai sul mercato del lavoro non deve contraddire le politiche sociali». Tradotto, dovrebbe significare che per ora – come chiesto anche da Confindustria – non dovrebbe esser toccata la struttura in vigore (cassa integrazione ordinaria e straordinaria, mentre resta in forse la «mobilità »). Ma nessuna «compensazione: solo una perdita secca per chi lavora.
Le barricate erano già  state tolte, nei giorni scorsi, dai segretari generali di Cisl e Uil (Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti), che si erano pronunciati a favore della possibilità  di licenziare «per motivi economici». Una barzelletta, per gli addetti ai lavori, visto che le imprese possono già  ora licenziare collettivamente «per motivi economici» dichiarando – e ottenendo il riconoscimento pubblico, dopo una verifica presso il ministero del lavoro – lo «stato di crisi». Conosciamo bene la procedura per esperienza diretta, diciamo…
Quindi? Se due sindacalisti importanti come Bonanni e Angeletti se ne escono così, sembra scontato che si riferiscano a una nuova formulazione dei «motivi economici», che magari non preveda più alcuna verifica pubblica. Insomma, una sorta di «autocertificazione» dell’azienda che così può mettere fuori chi le pare anche senza «giusta causa»; e senza incorrere necessariamente nel rischio di esser poi costretta alla «reintegra» perché trovata colpevole di «licenziamenti discriminatori» o addirittura «comportamento antisindacale».
Resta il nodo Cgil, ufficialmente e compattamente contraria a ogni ipotesi di «manutenzione peggiorativa» dell’art. 18. Fuori dall’ufficialità , però, si sa che la riunione di lunedì dei segretari generali (di categoria e regionali, a confronto con la segreteria confederale) è stata molto tempestosa, con al centro la gestione del «confronto» da parte di Susanna Camusso. In molti, infatti, e ben al di là  delle dimensioni dell’area «dissidente», pensano che la Cgil avrebbe già  da tempo dovuto predisporre un calendario fitto di mobilitazioni. E che comunque non si possa tergiversare ulteriormente, davanti alle «proposte indecenti» che arrivano dall’esecutivo. 
Ma, dicevamo, la porta del ministro è «aperta». E ieri mattina Camusso l’ha attraversata per uno scambio di idee durato circa tre ore. L’unica a parlarne è stata il ministro, con un «è andata bene» all’uscita. E con una risposta sorridente ben più esplicativa, poco dopo, a chi le chiedeva se la via per l’accordo fosse «stretta»: «è un bel sentiero largo». Ieri sera gli incontri informali tra le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro sono andati avanti con un incontro tra i leader dei sindacati nella sede della Uil. Poi i sindacati si sono spostati nella sede della foresteria di Confindustria. Nessun commento all’uscita da parte dei sindacalisti. 
Stamattina, intanto, Fornero vedrà  Emma Marcegalia, presidente di Confindustria, che proprio non può lamentarsi di quel che questo governo sta regalando alle imprese. E a quel punto il «sentiero» dovrebbe assumere le dimensioni di un’autostrada. 
Le ultime grane per Fornero arrivano da un problema sindacale apparentemente minore, ma esemplare dello spirito con cui questo esecutivo procede. Un bel numero di sindacati dei medici – Snami, Smi, Simet, Cipe, Fp-Cgil, Cisl e Uil-fpl – l’ha infatti accusata di «irresponsabilità », perché «sulle pensioni dei medici si sceglie i sindacati con cui trattare». In pratica, il ministro avrebbe convocato soltanto una parte dei sindacati che rappresentano «medici di famiglia, guardia medica, 118, servizi e specialistica autonoma». Una prassi autoritaria in stile Sergio Marchionne, da Pomigliano in poi.
Se lo stile è questo, bisogna dire che il regno sabaudo è stato restaurato. Non sembra una buona notizia per la repubblica. E tantomeno per i sudditi…


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