«Minata la nostra autonomia: sciopero»
ROMA — «Se non ora, quando?». Anche Cosimo Ferri, giudice del tribunale di Massa, ex consigliere del Csm e ora segretario generale di Magistratura Indipendente — la corrente che raccoglie consensi a destra e tra le toghe moderate — valuta che la misura ormai sia colma. Che si arriverà allo sciopero dei magistrati, Ferri è quasi sicuro: «Bisogna tenere una linea dura, perché se c’è una norma che mina l’autonomia e l’indipendenza del magistratura è proprio quella della responsabilità civile con citazione diretta».
Dunque anche Magistratura indipendente, che pure è stata accusata in passato di «intelligenza con il nemico» Silvio Berlusconi, spingerà per lo sciopero?
«Noi non escludiamo alcuna forma di protesta. Magari potremmo organizzare forme di sciopero intelligenti, che lascino il segno anche nell’opinione pubblica. Si potrebbe lo stesso andare a lavorare proclamando per diversi giorni, anzi per un periodo piuttosto lungo, una sorta di sciopero bianco al momento di entrare in udienza».
In cosa consisterebbe questo sciopero bianco?
«Di fatto nel paralizzare le udienze perché oggi svolgiamo molti compiti di supplenza andando avanti nel civile senza assistenti e nel penale senza ufficiali giudiziari. Si potrebbe stabilire che in queste condizioni non si fanno più le udienze mettendo fine, di fatto, a un ruolo di supplenza dovuto a carenze organizzative».
Tra pochi giorni, il 12 febbraio, ci saranno le elezioni per il rinnovo del «parlamentino» dell’Associazione nazionale magistrati: questa novità della responsabilità civile influenzerà molto la campagna elettorale?
«Bisognerà essere chiari sulle forme di mobilitazione. Noi di Magistratura indipendente lo saremo. E ci tengo a dire che contro questa norma abbiamo già alzato la voce quando il ministro Angelino Alfano del Pdl tentò di inserire la responsabilità civile del magistrato nella “riforma epocale della giustizia”».
È inevitabile che una norma così articolata venga cambiata al Senato?
«Non spetta a me dirlo ma quel testo presenta evidenti profili di incostituzionalità ».
Vediamo, allora, nel merito cosa non funziona in questo testo.
«Introdurre la possibilità di citazione diretta in giudizio dei magistrati da parte delle persone danneggiate mina la terzietà , l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati e quindi il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. In questo modo, infatti, il giudice sarà esposto e condizionato soprattutto da chi ha mezzi politici ed economici per intraprendere contenziosi contro i magistrati. Non dimentichiamo che necessariamente deve distribuire torti e ragioni, scontentando una parte o se necessario entrambe a tutela della collettività . Mentre un giudice esposto alle azioni dirette delle parti non sarà più libero».
Eppure Lega e Pdl sostengono che la citazione diretta del magistrato ce la chiede l’Europa.
«L’ultima decisione della Corte di giustizia specifica che la legge in vigore, la 117 del 1988, contrasta con il diritto dell’Unione. Però nella misura in cui impedisce che lo Stato risponda della violazione del diritto comunitario derivante “da interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti e prove effettuate dall’organo giurisdizionale di ultimo grado”. E aggiunge un limite: quello “del dolo e della colpa grave”».
Invece l’emendamento Pini insiste sulla citazione diretta anche per «manifesta violazione della legge».
«In realtà la Corte dice che in questi casi deve esserci responsabilità dello Stato a tutela della preminenza del diritto dell’Unione, ma non responsabilità diretta dei magistrati. E poi c’è anche la raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2010 che ha escluso qualsiasi forma di responsabilità civile diretta del magistrato. La medesima raccomandazione, poi, aggiunge che “soltanto lo Stato, ove abbia a concedere una riparazione, può richiedere l’accertamento di una responsabilità civile del giudice attraverso un’azione innanzi a un tribunale”».
Dunque, sciopero. Come lo spiegherete ai cittadini?
«I cittadini devono comprendere il significato di questa battaglia che la magistratura porta avanti non per difendere un privilegio ma per garantire l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge».
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