«La mia famiglia decimata: 7 vittime»

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Per ciascuno sempre la stessa diagnosi: mesotelioma pleurico. «La mia vita — spiega — è stata una continua “via crucis”, altro non ho fatto che assistere i miei malati. E quella malattia, per chi la contrae, è qualcosa di terribile e di umiliante. Prima è toccato ai miei suoceri, poi ad alcuni cugini, infine a mio marito che era il più giovane di tutti». Un uomo morto a 61 anni senza mai avere lavorato nello stabilimento: «Aveva il papà  e la mamma che erano operai lì. Lui da ragazzino portava il pasto ai genitori, all’Eternit ci andava una volta al giorno. Così facevano anche altri bambini, incaricati del trasporto del “baracchino”. Alla fine si sono ammalati tutti». In fabbrica rimanevano poco, «ma tanto è bastato. Poi si fermavano fuori a giocare tra loro — continua la donna —. Quel luogo era un punto di riferimento per le famiglie. A volte, mi raccontava mio marito, i bambini rimanevano davanti ai capannoni fino a sera, quando uscivano i genitori». Per Carla Baggio la sentenza non cancella il dolore e le sofferenze: «Ma questo processo è stato un bene, perché finalmente si è parlato di cosa è accaduto ai nostri cari e si sono individuate le responsabilità . Seguendo tutte le udienze ho appreso che ci sono alcuni Stati del Brasile e dell’Africa dove l’amianto è ancora in lavorazione. Mi vengono i brividi pensare a cosa può accadere alle persone che lavorano in quelle fabbriche».


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