Lecce, carcere sovraffollato: risarcimento per 4 detenuti

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A settembre, accogliendo la richiesta dell’avvocato Alessandro Stomeo, c’era stata la prima storica pronuncia in tal senso, impugnata dall’avvocatura di Stato in Cassazione: “nei confronti del detenuto ricorrente, che aveva denunciato le pessime condizioni di vita nel penitenziario leccese il 17 giugno del 2010, si sono verificate lesioni della dignità  umana, intesa come adeguatezza del regime penitenziario, soprattutto in ragione dell’insufficiente spazio minimo fruibile nella cella di detenzione, e ha disposto, in favore del recluso, un risarcimento di natura economica dei danni non patrimoniali a carico dell’amministrazione penitenziaria per 220 euro”.

Nei mesi scorsi, infatti, l’avvocato dei quattro detenuti ha poi presentato un’altra quarantina di ricorsi per altrettanti detenuti italiani e stranieri, contro l’amministrazione penitenziaria per il trattamento disumano e degradante: la richiesta era di un indennizzo di circa 600 euro per ogni mese di reclusione, come risarcimento del danno morale e fisico subito.

I ricorsi si basavano sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che, nel luglio del 2009, ha condannato l’Italia a risarcire un detenuto bosniaco per i danni morali subiti a causa del sovraffollamento della cella in cui era stato recluso per alcuni mesi nel carcere romano di Rebibbia. La Corte, nella sua decisione, ha rilevato come la superficie a disposizione del detenuto fosse molto inferiore agli standard stabiliti dal Comitato per la prevenzione della tortura, che stabilisce in 7 metri quadri a persona lo spazio minimo sostenibile per una cella.

Dati che ricordano molto da vicino quelli di Borgo San Nicola, Ma ora cerchiamo di capire meglio la situazione in cui sono costretti a stare tutti i detenuti. Ebbene stando a quanto pervenuto “si parla innanzitutto della presenza di circa 1350 persone a fronte di una capienza di 700. Di conseguenza una cella da 11,50 metri quadri progettata per un singolo diventa una tripla. Si tratta di loculi, nei quali sono ubicati un letto a castello a tre piani, armadietto, tavolo, tre sedie, gabinetto e lavandino, e nei quali gli “ospiti” riescono a stento a muoversi”. E ancora, nel ricorso si evidenzia l’assoluta impossibilità  di svolgere qualsiasi attività  all’interno della cella, con il riscaldamento in funzione d’inverno per una sola ora al giorno, e le grate sono chiuse per 18 ore al giorno.

Il tutto in violazione del regolamento penitenziario e dell’articolo 27 della Costituzione, secondo cui la limitazione della libertà  dovrebbe avere come obiettivo la riabilitazione dell’uomo e il suo reinserimento in società .

Alla luce di tutto questo, il giudice Luigi Tarantino, ha riconosciuto, nei confronti dei detenuti, “lesioni della dignità  umana, intesa anche come adeguatezza del regime penitenziario, soprattutto in ragione dell’insufficiente spazio minimo fruibile nella cella di detenzione”, ed ha disposto, in favore del recluso, un risarcimento di natura economica dei danni non patrimoniali a carico dell’amministrazione penitenziaria tra i mille e i tremila euro.


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