Le nuove forme democratiche

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I partiti politici hanno una cattiva reputazione. Già  Jean-Jacques Rousseau nelle Confessioni dichiarava la sua «mortale avversione per tutto ciò che si chiamava partito, fazione, consorteria». In seguito quella diffidenza nei riguardi dei partiti è cresciuta.
In effetti, nel XIX secolo, in Europa i regimi democratici erano caratterizzati dall’istituto parlamentare e nel XX secolo, specialmente nella seconda metà , sono dominati soprattutto dai partiti. Deboli in Francia, dove lo Stato è molto forte e lascia poco spazio alla società  civile, i partiti sono forti in Gran Bretagna, in Germania e nella Repubblica italiana. 
Partiti di notabili, di quadri, di massa, “pigliatutto”, di governo o protestatari, quali che fossero le forme assunte e le posizioni prese esprimevano l’intrusione delle masse nella politica. Più o meno strutturati, svolgevano funzioni di socializzazione, di integrazione e di mobilitazione degli elettori, di selezione dei candidati proposti alle elezioni e quindi della classe dirigente, di partecipazione alle decisioni governative. Furono però accusati di monopolizzare il potere, di confiscare la democrazia e di beneficiare di privilegi esorbitanti.
Tra le due guerre la polemica nei confronti dei partiti era molto diffusa e si combinava con il rifiuto della democrazia parlamentare proclamato dai fascisti, dai nazisti, dall’estrema destra e dai comunisti. È tornata poi a partire dagli anni 1960-’70, segnando il primo grande declino dei partiti, perché le società  erano più prospere, meglio educate, scosse dai progressi dell’individualismo, meno rispettose dei poteri e delle autorità .
Cominciarono ad abbozzarsi dei mutamenti delle democrazie, alimentati dal ruolo sempre maggiore dei leader e dall’influenza sempre più forte dei media, e soprattutto della televisione (oggi anche di Internet), sulla vita politica, e accompagnati dalla fine delle grandi ideologie e dalla disgregazione delle culture politiche tradizionali.
I partiti sono dunque condannati? 
È assai improbabile. Restano indispensabili per vincere le elezioni e continuano a orientare la scelta degli elettori. Pur essendo, per la maggior parte, meno radicati di prima nella società , sono diventati potenti macchine finanziate dallo Stato (per evitare il ricorso alla corruzione) e sono presenti nelle istituzioni pubbliche. 
I partiti più consolidati, di destra come di sinistra, fanno il possibile per impedire ai nuovi arrivati di accedere al mercato elettorale. Anche, se non soprattutto, perché significherebbe dover spartire i beni pubblici.
Ai giorni nostri, i partiti sono costretti a prendere in considerazione le pressanti richieste da parte dell’elettorato di una maggior partecipazione politica. Una delle risposte che hanno elaborato è arrivata dall’Italia con le primarie del centrosinistra, che hanno ispirato il Partito socialista francese. Lanciate come un ponte verso la società , possono ritorcersi contro il partito che le ha concepite, come è successo a Genova questa settimana. In Italia come in altri paesi si sta inventando una nuova forma di democrazia che ridefinirà  i rapporti tra partiti e cittadini.

(Traduzione di Elda Volterrani)


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