«Drogato, disonesto e manipolatore» Quel dossier dell’Fbi su Steve Jobs
NEW YORK — Steve Jobs drogato, menzognero e tirchio coi famigliari. E’ il quadro che emerge da un dossier dell’Fbi che ieri ha pubblicato sul suo sito web le 191 pagine del file segreto relativo a «Steven Paul Jobs». Un documento definito «molto più divertente della sua biografia ufficiale» dal New York Magazine, diffuso soltanto ora visto che i protocolli d’indagine federali possono essere resi pubblici soltanto dopo la morte della persona indagata e dietro richiesta formale nell’ambito del Freedom of Information Act.
La maggior parte delle informazioni venne raccolta quando Jobs era Presidente della società informatica NeXT nonché proprietario della azienda di software Pixar, all’epoca quasi sull’orlo della bancarotta. L’indagine era stata avviata nel 1985, quando il padre di Apple morto di tumore lo scorso 5 ottobre fu preso di mira da una estorsore — poi arrestato in un hotel vicino all’aeroporto di San Francisco — che minacciò di far saltare in aria la sua abitazione e quella di altri 3 impiegati della Apple se non gli avesse versato un milione di dollari.
A farla riaprire, sei anni dopo, era stata la Casa Bianca di George Bush padre, quando il nome di Jobs emerse tra i candidati all’«US President’s Export Council», il principale comitato consultivo nazionale in materia di commercio estero. Un incarico prestigioso che però non gli venne mai accordato. Dopo aver intervistato una quindicina di persone del suo entourage (amici, impiegati e collaboratori) l’Fbi non lo giudicò, infatti, «idoneo».
Le interviste condotte dagli agenti federali erano finalizzate a tracciare un profilo del «carattere» dell’uomo — se avesse ad esempio dei pregiudizi — e a stabilire se facesse uso di droghe. Dal file emerge che la sua fedina penale era «pulita» (non aveva ricevuto condanne né commesso crimini) che «non apparteneva ad alcun gruppo sovversivo» e «non aveva parenti nei Paesi controllati dai comunisti».
Ma durante gli anni del College, secondo alcuno testimoni, aveva fatto uso di droghe illegali, tra cui marijuana, hashish e Lsd. «Non sappiamo se ne fa ancora uso oggi», dichiara un’anonima gola profonda agli agenti. Altro scoglio: la sua presunta disonestà . «E’ un uomo pronto a distorcere la verità e piegare la realtà per raggiungere i propri obiettivi», afferma nel marzo del 1991 uno degli intervistati.
Nonostante questi giudizi non certo magnanimi, l’uomo finì per «raccomandare» Jobs per quell’incarico politico in quanto «l’onestà e la correttezza morale non sono prerequisiti per assumere tale mansione». «E’ un individuo di dubbia moralità », affermò un altro ex amico ai federali, «ma tutto sommato è una persona perbene, di cui si ci può anche fidare».
Nonostante il nome sia coperto da omissis, alcuni dettagli riportati nel file consentirebbero di identificare questa fonte con l’ingegnere Daniel Kottke, compagno di Jobs ai tempi del Reed College, poi assunto alla Apple. Probabilmente Kottke non digerì di aver ricevuto meno stock options di Jobs nel periodo prima che la società debuttasse in borsa nel dicembre del 1990.
Altri testimoni incaricati di scavare nella sua privacy rivelano che «in passato Jobs non ha mantenuto la madre della sua prima figlia nata da una relazione extraconiugale» e neppure «la bambina»: Lisa, venuta alla luce nel 1978 e cresciuta (povera) grazie agli assegni statali, quando Jobs si rifiutò di riconoscerne la paternità .
Il sito Gawker, uno dei primi a visionare l’intero fascicolo, si dice sconcertato. «Ho letto molti dossier relativi ad indagini dell’Fbi», scrive John Cook, «ma è raro trovare un tale concentrato di informazioni offensive». E’ ironico che ad infangare Jobs siano proprio le persone da lui stesso «messe a disposizione» dei federali: «la prova», secondo Cook, «che non conosceva bene i suoi amici».
Alessandra Farkas
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