L’Iran cancella la lapidazione dal codice penale

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Il caso aveva suscitato proteste in tutto il mondo ed era sembrato l’esempio più estremo di come funzioni la giustizia nella Repubblica islamica dell’Iran. Sakineh Ashtiani, madre di due figli, accusata di adulterio nel 2005, era stata condannata a morte per lapidazione. La sentenza in seguito era stata riconfermata, ma senza la lapidazione – una pena così crudele da mettere in imbarazzo le stesse autorità  iraniane che non perdono occasione per ricordare la civiltà  millenaria dell’Iran.
Ed ecco che da ora la lapidazione cesserà  di far parte del codice penale iraniano. O almeno cesserà  di farne parte dal momento in cui il presidente Ahmadinejad, nei prossimi giorni, firmerà  l’emendamento al codice penale approvato dal Parlamento, e a cui ha già  dato il via libera il Consiglio dei Guardiani, la massima istanza costituzionale incaricata di vigilare che le leggi dello Stato non contraddicano la Sharia. L’Iran è, insieme ad alcuni Paesi arabi, uno dei pochi al mondo in cui la lapidazione è stata finora in vigore. Nel 2002, durante la presidenza del riformatore Khatami, venne sospesa e molti teologi sostengono che la lapidazione non è prevista in nessun versetto del Corano. Viene menzionata solo negli Hadith che non sono ritenuti, diversamente dal Corano, dettati da Allah ma solo una raccolta di detti attribuiti al Profeta. 
Il nuovo codice penale abolisce finalmente anche la pena di morte per i minorenni. Secondo l’ultimo rapporto dell’Human Rights Watch più di cento minorenni si trovano attualmente nel braccio della morte in Iran e almeno tre sono stati impiccati nel corso del 2011. In Iran la pena di morte è prevista non solo per l’omicidio, ma anche per l’omosessualità , l’adulterio, lo spaccio di droga e per qualsiasi azione considerata contraria all’ordine politico e sociale. Il record negativo nel campo dei diritti umani è tra i più alti al mondo e il Segretario generale dell’Onu, pochi mesi fa, si disse sconvolto «dall’aumentato numero di esecuzioni, amputazioni, detenzioni arbitrarie, processi ingiusti e uso di tortura». Ban Ki-moon si riferiva anche ai detenuti politici, ma rispetto a loro il regime non ha dato finora alcun segno di flessibilità . Ha invece deciso, evidentemente, di agire almeno per quanto riguarda i crimini comuni. 
Alcuni esperti che hanno letto il nuovo codice hanno espresso scetticismo sulla effettiva operatività  delle nuove regole. Il problema principale è che il sistema giudiziario in Iran, ma più in generale nei Paesi islamici, lascia grande potere discrezionale al giudice, e perciò anche nei nuovi articoli del codice penale sono previsti numerosi casi in cui il giudice può decidere in piena autonomia.


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