Murdoch, la campagna d’Inghilterra

by Editore | 2 Febbraio 2012 8:42

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Rupert Murdoch ha esordito su Twitter all’inizio dell’anno per gli stessi motivi che spingono milioni di personea usarei social network. Per farsi sentire, per contare qualcosa. Voleva dire al mondo: sono qui – o meglio – sono ancora qui. Per una strana e triste ironia della sorte un uomo della sua influenza, capace di rovesciare governi, torturare i propri nemici e, stando a molti dei suoi critici, corrompere la cultura, ha dovuto affidare la sua potentissima voce a 140 caratteri. Segno che i suoi giornali lo avevano abbandonato, essendo diventati simbolo di tutto ciò che vi è di deteriore nella carta stampata. Il suo impero mediatico, un tempo il più aggressivo della terra, ma ormai screditato dalle migliaia di persone intercettate da News of the World, uno dei tabloid britannici di sua proprietà , era costretto in trincea. Così Murdoch ha twittato, come facciamo tutti – ma con una rabbia particolare. Sembrava di sentirlo battere i pugni sul tavolo.

Certo non poteva trovarsi in guai peggiori. Nel gruppo quasi tutti lo esortavano a vendere i suoi adorati giornali.

La sua famiglia – Murdoch è un patriarca oltre che un magnate dei media – era dilaniata dalle recriminazioni per la vicenda delle intercettazioni. La sua più brillante iniziativa imprenditoriale degli ultimi dieci anni, l’acquisizione totale di BskyB, la maggiore piattaforma satellitare europea, era stata annullata dallo scandalo delle intercettazioni. Molti dei suoi più stretti collaboratori rischiavano il carcere. Neppure lui era esente da problemi legali e 81 anni non sono esattamente l’età  migliore per combattere una battaglia decisiva. Non è finita. L’accordo raggiunto a fine gennaio per definire tutta una serie di cause legate allo scandalo intercettazioni non solo ha lasciato presagire gli enormi costi cui la compagnia dovrà  far fronte- varie centinaia di migliaia di euro in risarcimenti e spese legali per le circa 1000 denunce prevedibili – ma ha portato ad alcune pesanti ammissioni, ad esempio che la dirigenza della compagnia britannica aveva tentato di occultare le prove delle intercettazioni illegali. Inoltre, almeno in un caso, quello dell’attore Jude Law, News of the World aveva intercettato un telefono che rientrava sotto la giurisdizione Usa, rendendo la compagnia passibile di sanzioni civili e penali negli Stati Uniti, tali da mettere a rischio il controllo di News Corporation da parte della famiglia Murdoch.

MICHAEL WOLFF (segue dalla copertina) Dalle email (più di tre milioni) di cui le autorità  britanniche sono entrate in possesso sono emerse prove che hanno portato all’arresto di alti dirigenti del Sun, l’atro tabloid di proprietà  di Murdoch, con l’accusa di corruzione: bustarelle alla polizia londinese. Il problema più immediato riguarda James, quarto figlio di Murdoch, già  a capo di BskyB, poi delle operazioni del gruppo in Europa e in Asia, ora numero tre della compagnia e, soprattutto, apparente erede designato del magnate dei media. A giudizio di molti il trentanovenne rischierebbe a breve l’arresto e l’incriminazione. L’impero di Murdoch in Gran Bretagna è allo sbando.

L’estate scorsa lo scandalo delle intercettazioni ha portato alla chiusura di News of the World, una delle testate che garantivano al gruppo maggiori introiti. Restano il Sun, redditizio ma in declino, il Times e il Sunday Times, le cui perdite assorbono i guadagni del Sun. Per di più l’intera dirigenza di News International è stata azzerata da dimissioni o licenziamenti. La situazione è difficilissima. I dirigenti delle branche più redditizie del gruppo – la Fox Network e le società  di produzione cinematografica, la tv via cavo di Fox News – da tempo considerano irrilevante per il futuro della compagnia la divisione editoriale. È stata finora tollerata perché era il feudo di Murdoch, il suo patrimonio sentimentale, e perché i profitti di News of the World le garantivano una certa autonomia. Oggi la dirigenza e i figli di Murdoch si confrontano con il problema pressante di cosa fare dei giornali e si va imponendo sempre più l’opinione che sia opportuno venderli, e il prima possibile. Alla BskyB, James Murdoch resta presidente – rieletto dal consiglio da lui stesso nominato. E la News Corporation continua a controllare il gruppo con il 39%.

Ma se la posizione di James nello scandalo intercettazioni si aggraverà , se verrà  arrestato, e a detta di molti è probabile che ciò avvenga nelle prossime settimane, la News Corporation potrebbe essere costretta a rinunciare alle sue attuali quote in quanto la legge britannica esige che sia attestata la buona condotta dei proprietari dei media.

Ma, tra la costernazione della sua dirigenza, Murdoch continua quella che molti definiscono una battaglia contro i mulini a vento per difendere la branca britannica del gruppo.

Si dice sia coinvolto personalmente nell’iniziativa segreta di creare un’edizione domenicale del Sun che sostituisca News of the World, e che continui a esaminare progetti grafici, pur essendo stato allertato sui costi proibitivi del lancio di una nuova testata in un mercato in contrazione e sulle sue possibili ripercussioni politiche. Si sta inoltre preparando a una nuova opa su BskyB, nonostante gli ostacoli politici, normativi e finanziari siano ancora maggiori (l’offerta precedente portò al blocco della liquidità  della News Corporation per più di 18 mesi). «È un po’ come Achab a caccia della balena bianca», ha detto uno dei suoi dirigenti. E poi c’è la famiglia. A spingere Murdoch è in massima parte l’assoluta convinzione che uno dei suoi figli debba succedergli, come fece lui a suo tempo con il padre.

Negli ultimi cinque anni ha cresciuto con questo obiettivo James, il figlio-robot che recita meccanicamente le massime apprese al master in gestione aziendale. Tutti i programmi aziendali, tutti gli aspetti strutturali, ruotavano attorno alla scalata di James. Ora le beghe legali e la perdita di credibilità  del delfino rendono sempre più improbabile la successione anche se nessuno della dirigenza (men che meno Rupert) ammetterà  mai che un gruppo da 50 miliardi di dollari è privo di una strategia quanto alla leadership. Tutto questo ha complicato i rapporti in seno a quella che un tempo era una famiglia unita.

Il futuro economico dei figli adulti di Murdoch (ci sono poi i due piccoli avuti dall’attuale moglie, Wendi) dipende dalla News Corp (quasi tutto il patrimonio famigliare è costituito da azioni della compagnia), e i figli avranno pari voce in capitolo nel Murdoch Family Trust, che controllerà  le azioni privilegiate della News Corp alla morte del padre. Sono previsti quattro voti (quelli dei figli adulti) e non è contemplato un meccanismo di voto decisivo.

Al momento non c’è accordo su chi debba o possa guidare la compagnia e su come vada gestita. A dire il vero Lachlan e James Murdoch hanno sempre avuto un rapporto difficile.

Elisabeth Murdoch e il marito Matthew Freud, pr e lobbista londinese, non rivolgono la parola a James. La sorella Prudence, che vive in Australia e ha figli in età  da poter iniziare a lavorare per la compagnia, è inferocita con tutti. Ed oggi, forse per la prima volta in quasi sessant’anni di storia del gruppo, emergono in seno alla dirigenza una serie di poteri in grado di sfidare la famiglia Murdoch. Chase Carey, fedelissimo di Murdoch e numero due del gruppo, tiene a precisare: «Mi chiamo Carey, non Murdoch».

Roger Ailes, a capo di Fox News, la branca più redditizia del gruppo, definito “pazzo” dallo stesso Murdoch e pubblicamente criticato dai figli di Murdoch per le sue posizioni di destra e i modi aggressivi, si è imposto come il personaggio più potente del gruppo. Lo scandalo delle intercettazioni ha smorzato l’ostilità  dei figli di Murdoch nei suoi confronti e la recessione ha reso i profitti della Fox quanto mai importanti per il futuro e per la reputazione della compagnia. È negli Usa che la società  potrebbe rischiare di più. Il dipartimento della Giustizia ha aperto un’indagine sulla News Corporation per due diverse ipotesi di reato. La prima è corruzione di pubblici ufficiali stranieri – riguarda cioè le bustarelle pagate a funzionari di polizia britannici – che in base alla normativa Usa potrebbe portare non solo a pesanti sanzioni pecuniarie ma anche all’incriminazione dei dirigenti della società . La seconda è associazione a delinquere. I manager della News Corp potrebbero essere chiamati a rispondere di reati imputabili all’organizzazione anche senza esserne direttamente responsabili in base alle norme contro il crimine organizzato.

A 81 anni, Murdoch lotta non solo per proteggere la sua società  e tenere unita la famiglia, ma per ritagliarsi un nuovo ruolo. In seno al gruppo c’è chi pensa che abbia perso il suo primato. Le divisioni più redditizie vanno avanti autonomamente. Inoltre, essendosi dichiarato estraneo alla gestione delle sue testate, ora deve stare particolarmente attento a non mostrare un eccessivo coinvolgimento nel settore della carta stampata (continua a dedicare gran parte del suo tempo all’attività  di supervisione al Wall Street Journal ).

Pur non usando personalmente il computer, Murdoch è diventato lo stratega digitale della compagnia. Ha imposto una sottoscrizione a pagamento per i contenuti digitali delle sue testate, iniziativa che ha ridotto le visite di più del 90 per cento e, di conseguenza, l’influsso esercitato dai suoi giornali. Ha supervisionato il lancio di The Daily, il primo quotidiano concepito solo per i tablet, diretto da alcune delle sue grandi firme, che per ora non è riuscito a conquistare né attenzione né lettori. Inoltre ha guidato l’attacco – c’è chi dice la guerra – contro Internet e i nuovi atteggiamenti di solidarietà  e condivisione (o “pirateria” nella sua lingua) che hanno sminuito il potere dei media che hanno fatto la sua fortuna, mettendone a rischio il futuro. Eppure, va detto a suo onore, lui resta lì, e continua imperterrito a combattere, sotto i dardi di Internet, dell’establishment politico e giuridico britannico e americano, della sua famiglia litigiosa e dei suoi dirigenti, tutto a un tratto emancipati. (Traduzione di Emilia Benghi

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