La Repubblica Franco-Tedesca

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Di cosa si discute appassionatamente in Francia? Di un’unione tra Francia e Germania? Suona un po’ come la “colonia sulla Luna” sognata da Newt Gingrich, il possibile candidato repubblicano alle presidenziali americane. Si tratta di un’alzata d’ingegno di Sarkozy, che sente approssimarsi la sua ultima ora? È un ballon d’essai lanciato e subito dopo ritirato da Le Monde?
Le risposte possibili sono due. Primo: un simile esperimento mentale è privo di interesse. Tanto la Francia quanto la Germania perderebbero ciò che hanno di meglio e non ci guadagnerebbero nulla. Secondo: che idea brillante e originale! Sono anni che la nostra immaginazione insegue zoppicando una realtà  che corre a briglia sciolta. La caduta del muro di Berlino: inimmaginabile. L’11 settembre: inimmaginabile. I banchieri neoliberisti che mendicano inimmaginabili miliardi dagli Stati: inimmaginabile. La “primavera araba”: inimmaginabile. “Occupy Wall Street”: inimmaginabile. L’unione tra la Francia e la Germania: inimmaginabile! Forse viviamo in un mondo nel quale lo scenario dell’inimmaginabile dovrebbe finalmente diventare parte dell’educazione politica. 
Battezziamolo, l’inimmaginabile di cui stiamo parlando: il suo nome sarà  Repubblica francese di Germania, RFG. Il “Fuori questione!” che scatta immediatamente nella testa di tutti esprime la logica della visione nazionale. Questa RFG non comporterebbe una colonizzazione interna? O noi, o loro. O il disarmo della “Grande Nation”, o quello dell’euro-nazionalismo tedesco. Un ibrido tra “Frankreich” (Francia) e “Deutschland” (Germania): Frankland, oppure Deutschreich (e quali amari ricordi evocherebbe!).
Questo “o … o” nazionale non si insinuerebbe dappertutto? Ad esempio, la crisi dell’euro: l’euro, che avrebbe dovuto ammansire la Germania riunificata, minaccia di strangolare gli altri Paesi europei. Dopo cinquant’anni di pubbliche evocazioni della comunità  franco-tedesca, quali sono i risultati in termini di “affinità  spirituale”? Zero risposte. Partnership tra città ? Negativo. Sì, esiste un consenso minimale: ai Tedeschi e ai Francesi piacciono (talvolta) gli stessi film. Ma, a parte questo? Il cosmopolitismo edonista. Le ostriche con i crauti. I tedeschi si recano in pellegrinaggio in Francia per gustare la superiorità  della cucina e della cultura francesi. I Francesi inghiottono il rospo del “Waldsterben” [la morìa delle foreste, che all’inizio degli anni Ottanta provocò un’ondata di panico in Germania – n. d. t.]. Un “di più” di comunità  non è in vista. Perché? Perché le differenze sono così profonde. Più ancora, perché amiamo le differenze. 
Ma proprio questo è il punto: “bisogna livellare la differenze”, sentenzia la visione nazionale. “Occorre amare e vivere le differenze”, risponde la visione cosmopolitica. Ossia: come possiamo fare della volontà  di amare e di vivere le differenze franco-tedesche il fondamento di una comunità  cosmopolitica di democrazie? Sarebbe possibile che le sovranità  unite di Francia e Germania moltiplicassero, nello stesso tempo, la potenza e la democrazia di questi Paesi? Il paradosso è che nel mondo attuale il nazionalismo è diventato il nemico delle nazioni e dei loro interessi. Se si realizzasse l’Unione franco-tedesca, ciò potrebbe essere l’occasione per ottenere la potenza reale in cambio della sovranità  formale, per rafforzare le culture nazionali in un processo di reciproco riconoscimento e per incoraggiare un successo economico comune. La Repubblica franco-tedesca sarebbe in grado di far valere gli interessi nazionali della Germania ben più di quanto riuscirebbero a fare le singole nazioni. Non c’è risposta nazionale, separata, alle questioni che preoccupano il nostro mondo: i rischi finanziari, la crisi dell’euro, il mutamento climatico, le migrazioni, la povertà  globale, la sicurezza sociale e la difesa dei diritti fondamentali in altri Stati.
Concretamente, a cosa potrebbe assomigliare una simile Unione franco-tedesca? Che ne sarebbe, per esempio, delle centrali nucleari e delle bombe atomiche francesi? La Germania diventerebbe a sua volta una potenza nucleare? Oppure la Francia si trasformerebbe, in base al modello tedesco, in un movimento pacifista e antinucleare? Il compromesso potrebbe essere questo: i Francesi rinunciano all’energia nucleare e alle armi atomiche; i Tedeschi introducono i limiti di velocità  nelle loro autostrade.
Naturalmente, il resto dell’Europa insorgerebbe contro questo imperialismo franco-tedesco. Ma questo succede già  adesso. Inoltre, una compensazione finanziaria davvero generosa a favore degli Stati europei indebitati potrebbe fare miracoli. La cancelliera federale Merkel compirebbe un’altra svolta di 180 gradi e darebbe la sua benedizione agli eurobond. La Turchia diventerebbe membro dell’Unione Europea e provvederebbe a fare da contrappeso.
Resterebbe ancora qualche dettaglio da regolare: le coppie e le famiglie franco-tedesche beneficerebbero dell’esenzione fiscale. Ma il bilinguismo sarebbe apprezzato come un arricchimento dai Francesi? E, se sì, come farglielo apprezzare? Il “citoyen” non dovrebbe acquisire gradualmente il diritto di voto in Germania, e lo “Staatsbà¼rger” non dovrebbe fare lo stesso in Francia? E che succederebbe se i partiti tedeschi o francesi lasciassero il posto a partiti “sia … sia”, sia tedeschi che francesi, i quali favorissero da una parte e dall’altra gli interessi nazionali? 
Tuttavia, ciò che paralizza il gioco con la fantasia e l’ironia politica è la menzogna nazionale delle élite tedesche e francesi. Nella loro maggioranza esse deplorano già  oggi l’anonima burocrazia europea o il congedo dalla democrazia, partendo dall’assunto irrealistico che sia possibile un ritorno all’idillio dello Stato-nazione. Questa menzogna nostalgica non è diffusa soltanto nei ridotti della destra populista di Francia e Germania. Essa domina anche negli ambienti più distinti; perfino le teorie politiche più ricercate si aggrappano a questo mito retrogrado. Forse, giocare pubblicamente con l’idea di una repubblica francese di Germania potrebbe contribuire a spezzare la rigidità  dei concetti politici correnti, esercitandoci all’inimmaginabilità  della nuova realtà .
E un candidato alla presidenza di questa Repubblica francese di Germania ci sarebbe già : Daniel Cohn-Bendit. 
(Traduzione di Carlo Sandrelli)


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