La futura privacy di Google sarà  fonte di profitti

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Come Twitter, infatti, la società  del motore di ricerca ha deciso di rispettare le leggi nazionali in tema di libertà  di espressione. Così se ci sono testi, commenti, post che secondo il governo di un dato paese violano alcune leggi, Blogger – questo il nome del servizio – provvederà  a rimuoverlo, cioè a censurarlo. Ipocritamente, come d’altronde ha già  dichiarato Twitter, il messaggio potrà  essere letto al di fuori dell’infosfera «locale». Un altro colpo di spugna al motto Don’t be a devil che i fondatori Larry Page e Sergej Brin avevano assunto come proprio per segnalare la loro adesione all’attitudine hacker presente in Rete. Secondo loro, il motore di ricerca non avrebbe mai fatto nulla che potesse violare la libertà  di espressione, il diritto alla privacy, la condivisione delle informazioni. 
Per molto tempo è stato così, ma poi le cose sono cambiate a Mountain View. La scelta di quotare in borsa Google e la decisione di diventare una società  «totale» ha determinato molte violazioni di quel motto. L’esempio più eclatante fu la collaborazione di Google con il governo di Pechino nel rintracciare i nominatavi di alcuni cinesi che avevano criticato il regime cinese. In quel caso, Page e Brin hanno ribadito il loro volere di rimare fedeli a quella promessa, ma solo la campagna di critiche che Google dovette affrontare dentro e fuori al Web. Ieri la decisione di adeguarsi alle leggi nazionali in nome, va da sé, degli affari.
La seconda notizia riguarda il cambiamento delle regole di rispetto della privacy. In un documento reso pubblico da Google, la società  del motore di ricerca informa che dal 1 marzo i dati degli utenti di tutti i servizi di Mountain View saranno armonizzati. Immediate, negli Stati Uniti, le reazioni di attivisti, associazioni dei diritti civili e di alcuni esponenti del congresso, che nel recente passato hanno puntato l’indice contro Google per l’opacità , la contraddittorietà  della sua gestione dei dati personali.
Google non è più solo una società  che mette a disposizione il suo motore di ricerca. Nel suo carnet ci sono la posta elettronica, la digitalizzazione e la consultazione di libri, un servizio di mappe cittadine (con tanto di segnalazioni di punti di vendita, alberghi e transazioni commerciali diversificate). E poi c’è il fantasmagorico mondo di YouTube. Finora i dati individuali erano gestiti secondo regole sulla privacy diversificate. Google vuole una sorta di decalogo unico, in maniera tale di poter gestire «unitariamente» i dati di chi legge libri, manda messaggi di posta elettronica e fa ricerche.. È questa possibilità  che suscita perplessità  e opposizione. Lo spettro è un «Grande fratello». Più realisticamente è quello di potere disporre di una enorme quantità  di informazioni che consentirebbero a Google di diventare una società  che fa affari con i «metadati», cioè una elaborazione «massificata» dei profili individuali per pianificare strategie di merketing o, più prosaicamente, per venderla a società  «terze».
Non è dato sapere l’obiettivo di Google. Non convince tuttavia la tesi di una sua trasformazione in un portale. Più realisticamente a Mountain View stanno modificando regole e flussi lavorativi affinché Google diventi una «impresa totale»: che garantisca, quindi, non solo l’accesso alla Rete, ma anche tutto il software, gratuito, per rimanere connessi. Il business sta nel vendere, impacchettare, rielaborare le curiosità , il desiderio di conoscenza, lo scambio di informazione del cosiddetto «popolo della Rete».


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