Kirghizistan, una Roza per la democrazia
Eppure l’era sovietica, quando Mosca comprendeva soltanto la valenza militare e la ricchezza delle risorse naturali di questi territori non curando il mosaico etnico e linguistico che da sempre caratterizza questa parte di mondo, ci ha consegnato città grigie ed uguali a se stesse, a prescindere dalla latitudine, un ambiente inquinato, un potere politico autoritario e accentratore, se non dittatoriale. La mancanza di rispetto per le varie componenti religiose, identitarie e culturali di questi Stati, i cui confini sono sempre labili e spesso artificiali, lascia sul campo la presenza di tensioni latenti che non di rado sfociano in scontri aperti.
Il Kirghizistan degli ultimi due anni però ci offre elementi nuovi che ci parlano di una possibilità democratica per quei paesi schiacciati da giganti autoritari quali Russia e Cina. Dall’antica Samarcanda emerge la figura di una donna, Roza Otunbaeva che è riuscita a guidare una transizione difficilissima, lasciando poi il suo posto a una competizione elettorale dagli standard democratici elevatissimi almeno per quelle nazioni.
La Otunbaeva è una politica di lungo corso che ha saputo districarsi tra le fazioni comuniste kirghize che, dopo l’indipendenza del paese occorsa nel 1991, hanno visto contrapposti il primo presidente Akayev e il suo successore Bakiyev ambedue giunti al potere con metodi non certo eleganti. Già ministro degli esteri, nel 2007 è divenuta leader dell’opposizione contro Bakiyev supportando la rivoluzione che, nell’aprile 2010, rovescerà il regime. In seguito a questa sanguinosa fase in cui si sono fronteggiati interessi contrapposti (russi e americani, come accade spesso in Asia centrale) e in cui si sono verificate molteplici violazioni dei diritti umani, Roza Otunbaeva ha assunto la carica di premier ad interim. Il governo provvisorio ha promosso un importante referendum costituzionale, che ha sottratto poteri al ruolo presidenziale concedendone al Parlamento. Nominata presidente nel luglio 2010, ha dovuto affrontare una grave emergenza profughi gestendola in maniera brillante tanto da avere importanti riconoscimenti da parte dell’agenzia Onu per i rifugiati UNHCR.
Il 26 ottobre 2011 l’Alto commissariato l’ha insignita di una importante medaglia per il suo grande contributo al rafforzamento dell’armonia interetnica e allo sviluppo socio economico, culturale e spirituale della nazione. Secondo la presidente Otunbaeva questo riconoscimento sancisce “la cooperazione tra l’UNHCR e la Repubblica kirghizacome l’assistenza offerta al popolo del Kirghizistan dall’agenzia dell’Onu per i rifugiati”. In particolare viene ricordata la “pronta e impagabile risposta dell’UNHCR ai bisogni umanitari determinati dai tragici eventi del giugno 2010, anche grazie al progetto di rifugi di emergenza che hanno soccorso le persone che avevano perduto le loro case durante le violenze, assicurando nuove abitazioni prima dell’arrivo dell’inverno”. Hans Friedrich Schodder, delegato dell’agenzia per il Kirghizistan, ha ringraziato le autorità , la società civile, i funzionari Onu, tutti i partner e i donatori per la loro eccellente sinergia. L’UNHCR ha aperto i suoi uffici nella Repubblica kirghiza nel 1995: in questi anni, soprattutto nel 2010 ha impiegato molte risorse (circa 50 milioni di dollari) per l’emergenza rifugiati. Ora sta aiutando il paese nel cammino di riconciliazione verso l’equilibrio delle varie comunità e verso la democrazia.
La Presidente ha dato una grossa mano in questa direzione, gestendo con attenzione e sobrietà il suo potere a interim e soprattutto non candidandosi per le elezioni del 2011. Una scelta coraggiosa e saggia, inconsueta per paesi, come il vicino Kazakistan di Nazarbayev (reduce da elezioni amministrative farsa del gennaio scorso), governati da presidenti-dittatori che perpetuano il loro potere accentrandolo sempre di più. Dopo le elezioni presidenziali tenutesi nel novembre 2011 Atambayev è subentrato a Roza Otunbaeva, che oggi continua il suo impegno umanitario a livello internazionale.
La transizione democratica del Kirghizistan è però tutt’altro che completata. Nubi minacciose incombono e l’ombra di Putin, dopo il 5 marzo sicuro nuovo (si fa per dire) presidente russo, si staglia all’orizzonte. Nel 2010 è stata istituita una unione doganale tra i tre stati autoritari Russia, Bielorussia e Kazakistan (una sorta di unione delle dittature), ma è solo quest’anno che si è deciso di implementare una governance effettiva con la costituzione di una Commissione Economica Eurasiatica. Anche il Kirghizistan entrerà in questo gruppo ristretto? Le convenienze strategiche dicono di sì ma questo sarebbe sicuramente un abbraccio mortale per la giovane e incerta
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