India e Italia in alto mare
Ieri il governo italiano ha inviato in India il sottosegretario agli esteri Staffan De Mistura per «continuare sul piano politico l’azione portata avanti finora da una delegazioni di esperti dei ministeri degli esteri, difesa e giustizia», dice il comunicato diffuso ieri del ministero degli esteri. Ovvero, per affrontare al livello diplomatico più alto possibile il contenzioso giocato finora in Kerala, stato dell’India meridionale – è al largo delle sue coste che nel pomeriggio del 15 febbraio due pescatori sono stati uccisi, secondo l’accusa dagli spari dei marò imbarcati come scorta anti-pirateria sulla petroliera italiana Enrica Lexie. De Mistura, diplomatico di carriera, era il rappresentante delle Nazioni unite in Afghanistan, prima di entrare nel governo Monti. La Farnesina ha annunciato anche una visita del ministro Giulio Terzi forse il 28 febbraio, la settimana prossima.
I due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, restano intanto in stato di fermo di polizia nella città di Kochi, accusati di omicidio; entro domani il magistrato dovrà decidere se confermare l’incriminazione e quindi metterli sotto custodia giudiziaria. Nel frattempo però potrebbe intervenire l’Alta corte dello stato del Kerala, a cui oggi i difensori dei due militari italiani presenteranno un ricorso in cui contestano l’imputazione.
Cosa sia avvenuto con precisione il 15 febbraio al largo delle corte del Kerala resta da chiarire. Ma prima ancora di capire perché sono morti Valentine Jalastine e Ajesh Pinku, pescatori di 45 e 25 anni imbarcati sul peschereccio indiano St.Antony, il contenzioso scoppiato tra Italia e India riguarda la giurisdizione. Il comunicato della Farnesina ieri ha definito «operazione coercitiva» e «atto unilaterale» quella della polizia indiana – cioè ha ribadito quanto il governo italiano sostiene dal principio: che l’equipaggio è italiano, a bordo di una nave con bandiera italiana, quindi sotto la competenza della magistratura italiana, e la polizia del Kerala non aveva diritto di fermarlo. Cosa contestata dalle autorità indiane: il reato (omicidio) è stato commesso a danno di cittadini indiani che si trovavano su imbarcazione indiana, quindi la polizia e la magistratura indiane avevano tutta la legittimità a fermare i presunti responsabili.
La versione italiana resta quella fornita dall’equipaggio della Enrica Lexie: che i militari hanno reagito a ciò che sembrava un tentativo di attacco da parte di pirati attenendosi alle norme internazionali, cioè hanno prima segnalato e poi sparato colpi di avvertimento, finché l’altra imbarcazione si è allontanata. Nella deposizione telegrafata al nucleo speciale Ros dei carabinieri, Latorre – che ha il comando del gruppo di marò – afferma che sulla nave “attaccante” hanno visto uomini armati, e allega delle foto (abbastanza sfocate però); sostiene inoltre che lui e i suoi colleghi non hanno colpito nessuno. La deposizione ai Ros è stata ripresa ieri dal più autorevole e attento quotidiano indiano in lingua inglese, The Hindu, nelle ampie citazioni riportate dal Corriere della Sera: nota tra l’altro che la Marina militare italiana ha ordinato ai due marò di non obbedire agli ordini delle autotità indiane, in quelle prime ore di braccio di ferro (e commenta che sulla stampa e tra i lettori italiani si è scatenato uno sprezzante patriottismo, commenti tipo “non ci faremo processare da un paese del terzo mondo”).
La versione italiana però non spiega perché due persone siano morte: così sui siti d’informazione italiani ora si ipotizza che il peschereccio St.Anthony non sia l’imbarcazione a cui hanno sparato i militari italiani. Magari a sparargli è stata un’altra petroliera, greca. La Camera di commercio internazionale, che ha un dipartimento «crimini commerciali» creato per monitorare gli atti di pirateria internazionale, dice che quel giorno un mercantile greco, Olympic Flair, ha subito un tentativo di arrembaggio: e questo dovrebbe dimostrare che nella zona sono in effetti presenti pirati. Al momento sono tutte illazioni.
Lo scontro di competenze sembra anzi aver rallentato gli accertamenti più essenziali: tra cui la perizia balistica che portrebbe verificare se i colpi che hanno raggiunto i due pescatori corrispondono alle armi usate dagli italiani. Il fatto è che le armi si trovano sotto chiave sulla Enrica Lexie, e solo ieri sera la polizia ha ottenuto dal tribunale di Kochi il mandato di perquisizione che gli permetterà di cercarle.
Lunedì lo sbarco e il fermo dei marò italiani è stato accompagnato da qualche manifestazione anti-italiana a Kochi: non erano pescatori, ma la rumorosa dimostrazione organizzata dalle sezioni giovanili locali del Congress e del Bjp, i due principali partiti sulla scena indiana (rispettivamente al governo e all’opposizione nel governo nazionale ma non nel Kerala, dove è al governo un fronte di centro-sinistra). Fatti marginali, ma hanno spinto il ministro Terzi a fare una dichiarazione azzardata: ha detto che «le elezioni in corso in Kerala influenzano i sentimenti e di conseguenza le indagini». In Kerala sono imminenti delle elezioni supplettive, in un seggio: ma dichiarare che questo «influenza l’indagine» equivale a accusare polizia e magistratura di agire per considerazioni politiche. E questo complicherà il lavoro dei suoi diplomatici.
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