Il superpatto antievasione Conti esteri senza segreti
MILANO — Il conto alla rovescia per la lotta all’evasione fiscale internazionale è partito: dal prossimo anno scatteranno le nuove norme americane destinate a stringere le maglie, a cominciare dai conti offshore di cittadini o residenti statunitensi. E non solo.
Dopo il recente e aspro contenzioso che nell’estate di tre anni fa aveva visto contrapposti i banchieri svizzeri di Ubs al Fisco Usa (52 mila i contribuenti americani intercettati con altrettanti conti correnti segreti), adesso gli Stati Uniti sono tornati alla carica. E sempre con l’obiettivo di dare la caccia all’evasore, sono stati avviati negoziati bilaterali con cinque Paesi europei: Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, che hanno annunciato di volere applicare il Foreign Account Tax Compliance Act (Fatca), un insieme di norme pensate per individuare e scoraggiare l’evasione fiscale offshore. La legge antievasione americana, approvata nel 2010, dovrebbe entrare in vigore dal primo gennaio 2013. E dal prossimo anno coinvolgerà , oltre agli Usa, anche i cinque Paesi europei.
La lotta all’evasione fiscale è dunque una priorità . E tutti i Paesi coinvolti nella nuova intesa hanno affermato di condividere l’impegno «a individuare gli strumenti internazionali e nazionali più idonei a realizzare uno scambio automatico di informazioni tra amministrazioni, che possa consentire alle istituzioni finanziarie interessate dalle norme Usa di evitare il ricorso ad accordi individuali di tipo contrattuale con l’amministrazione finanziaria americana».
Questi accordi si basano sul «principio di reciprocità », il che significa: scambio automatico di informazioni in due direzioni (da e verso gli Stati Uniti). La conclusione di accordi bilaterali dovrebbe quindi favorire il rispetto delle regole fiscali internazionali, la cosiddetta compliance, «a beneficio di entrambe le parti».
Da un lato c’è l’esigenza di dare la caccia agli evasori, dall’altro c’è però anche la necessità di contenere i costi di questa azione, valorizzando le sinergie. «L’intento dei governi — hanno spiegato tecnici del Dipartimento delle Finanze — è quello di rafforzare la collaborazione per raggiungere standard comuni in materia di obblighi dichiarativi e di due diligence, mantenendo al livello più basso possibile i costi di adempimento per le singole istituzioni finanziarie e per gli altri soggetti interessati dall’applicazione della normativa Fatca».
Più in concreto, in base alle linee generali sulla base delle quali sono stati avviati i lavori dei negoziati, l’approccio intergovernativo prevede che un Paese partner degli Usa attraverso l’accordo Fatca, adotti la normativa di attuazione necessaria per richiedere alle istituzioni finanziarie situate nella propria giurisdizione di acquisire e comunicare alle autorità le informazioni richieste. Inoltre dovranno essere abilitate le istituzioni finanziarie stabilite, all’interno del Paese partner Fatca, (diverse dalle istituzioni finanziarie che sono escluse in base all’accordo) ad applicare tutte le misure necessarie per l’identificazione dei conti statunitensi. Su base automatica dovranno poi essere trasmesse agli Stati Uniti le informazioni comunicate dalle istituzioni finanziarie.
In questo modo, da parte dell’amministrazione americana sarà eliminato l’obbligo, per ciascuna istituzione finanziaria estera di un Paese partner Fatca, di concludere un accordo generale separato, direttamente con l’Irs (Internal revenue service, il Fisco Usa), a condizione che ciascuna istituzione finanziaria estera sia registrata presso lo stesso Irs.
Gli Stati Uniti, l’Italia, la Francia, la Germania, la Spagna e il Regno Unito «dovrebbero inoltre impegnarsi — precisa una nota congiunta — a sviluppare un approccio alternativo, pratico ed efficace per raggiungere gli obiettivi di policy della ritenuta sui pagamenti più critici, che riduca l’onere al minimo».
A questo punto l’auspicio dei sei Paesi coinvolti è che il raggio d’azione di questo programma possa essere allargato. Hanno infatti annunciato l’intenzione di «impegnarsi in futuro a lavorare con altri Paesi, insieme all’Unione Europea e all’Ocse, per adattare la normativa Fatca a un modello comune per lo scambio di informazioni», secondo un meccanismo innovativo, che sia automatico e non, come avviene oggi, solo su specifica richiesta da parte di un determinato Paese.
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