Il Peso della Libertà 

by Editore | 7 Febbraio 2012 7:04

Loading

Una domanda che ho sentito spesso porre nelle conversazioni con amici stranieri è come mai gli italiani tengano così poco alla libertà  da avervi più volte rinunciato nel corso della loro storia senza eccessive preoccupazioni. A prima vista la questione potrebbe sembrare fuori luogo. Proprio agli occhi di molti visitatori stranieri, il nostro appare come uno dei paesi dove la libertà  abbonda, in certi casi straripa date le enormi libertà  che molti italiani si concedono. Molti costruiscono una casa dove sarebbe (sarebbe, condizionale) proibito, molti saltano i semafori perché si annoiano ad aspettare che la luce diventi verde, molti non pagano le tasse perché quei soldi meglio tenerseli, molti parcheggiano dove viene più comodo perché tanto è questione di un minuto, molti piantano enormi cartelloni pubblicitari anche dove rappresentano un pericolo per la circolazione, molti gettano i rifiuti sulla strada, sulla spiaggia, nei boschi, insomma dove capita. Non sono queste altrettante manifestazioni di libertà ? Una libertà  addirittura sconfinata, come tale sconosciuta ad altri europei? La verità  è che il concetto di libertà , anzi la stessa parola “libertà “, può avere tanti significati, infatti si è cercato più volte nel corso dei secoli di dargli una definizione valida una volta per tutte. 
Nel tentativo di trovare un elemento comune a tutte queste definizioni, si può cominciare da una delle canzoni che cantava con semplicità  il poeta civile Giorgio Gaber su parole del talentuoso paroliere Sandro Luporini: «La libertà  non è uno spazio libero, la libertà  è partecipazione». Se prendiamo per buona questa definizione, si vede che i piccoli (o grandi) gesti di libertà  o di disobbedienza citati più sopra, sono in realtà  atti di arbitrio, piccoli gesti di quotidiana anarchia, licenze e abusi che hanno poco a che vedere con la libertà  e che infatti non preoccupano chi detiene il potere. 
Del resto il «sovversivismo primitivo ed elementare» (uso parole di Antonio Gramsci) di molti, si rispecchia nella analoga libertà  “ad libitum” di chi fa un uso arbitrario di un potere anche quando sarebbe, di per sé, legittimo. Chi piega al suo arbitrio un potere deve ignorare le regole, in particolare quelle che assicurano il funzionamento di una democrazia, avere al suo servizio le istituzioni e gli uomini che le incarnano. Un esempio clamoroso di questa condizione si è avuto in Italia il 5 aprile 2011 quando 314 deputati della maggioranza hanno votato a favore della tesi secondo la quale Silvio Berlusconi era davvero convinto che la minorenne Karima El Mahroug, detta Ruby, fosse la nipote di Mubarak. Perché 314 deputati al Parlamento si sono assoggettati a questa farsa? La ragione diciamo giuridica era la seguente: se Berlusconi era davvero convinto che la ragazza fosse la nipote di Mubarak, brigando per farla rilasciare dalla Questura di Milano egli aveva agito nell’esercizio delle sue funzioni di capo del Governo. Dunque il caso poteva essere giudicato solo dal tribunale dei ministri e non da una corte ordinaria. Un caso evidente di esercizio servile della funzione parlamentare. 
Ma non è solo la (cattiva) politica a indebolire la democrazia, anche una parte consistente dei cittadini volenterosamente partecipa. D’altra parte se non ci fosse questa base piuttosto ampia di consenso, la politica non si permetterebbe di fare ciò che così di frequente fa. L’evidente fragilità  politica e civile degli ultimi decenni, può insomma essere considerata la versione contemporanea di una lunga vicenda di servaggio, di dominazioni, di eserciti stranieri con le loro ruberie e violenze, saccheggi e stupri, di principi o feudatari dispotici consueti nel paese fino a non molti anni fa. O meglio: non ancora del tutto scomparsi in una penisola dove i don Rodrigo hanno perpetuato ad ogni livello la loro presenza. Un eterno passato che non è nemmeno servito a costruire una memoria comune, ha solo ristagnato a lungo, facendo lentamente scomparire il senso attivo, vigile, partecipe, della libertà . Non è un caso che gli accordi internazionali, i Trattati, con i quali nel corso dei secoli le libertà  civili sono state conquistate nel continente, non sono mai nati in Italia né per iniziativa italiana. E non è un caso se una delle poche eccezioni è il Trattato costitutivo della Cee firmato a Roma nel 1957, infatti noto come “Trattato di Roma”. Fu merito di De Gasperi quell’atto che consacrava la nostra posizione di “soci fondatori” di quella che col tempo sarebbe diventata l’Unione europea. Ma fu anche il riconoscimento dell’energia civile con la quale il Paese era uscito dalla rovina del fascismo e della guerra. Da allora in poi la nostra posizione è scivolata verso una sempre più accentuata marginalità , come se alla lunga non fossimo stati capaci di reggere la straordinaria tensione, lo slancio, di quella rinascita. 
Una così lunga consuetudine ha portato molti italiani a considerare lo status di soggetto privo di diritti come una condizione naturale e la soggezione che ne consegue come un portato stesso della nascita. A lungo andare questa passività  psicologica è diventata mentalità  diffusa, poi un costume che ha demolito l’idea della libertà  come diritto, diffondendo al contrario l’arte del sotterfugio, della furbizia canagliesca, dell’inganno come scappatoia, a costo di farsi passare da grulli per scampare alla punizione. Resterà  tra le frasi memorabili dei nostri anni una minaccia del potente uomo politico Claudio Scajola. Quando venne alla luce che una casa di pregio a Roma con vista sul Colosseo gli era stata pagata da altri, proruppe in questa invettiva: «Se scopro che qualcuno ha pagato a mia insaputa la mia casa, lo denuncio!». 
Nessuno sceneggiatore di Alberto Sordi o di Totò avrebbe mai osato scrivere una battuta così vertiginosa. In questa fulminea capacità  di volgere in burla o in un irreale grottesco qualunque disavventura o imbroglio, permane la traccia di alcune maschere dell’eterna commedia italiana: Pulcinella, che ciondola mezzo addormentato e si fa passare per fesso per far fessi gli altri, sempre pronto però al repentino graffio a tradimento per assicurarsi gli amati maccheroni; Arlecchino coperto di stracci multicolori che fa mille capriole, si prodiga in cento traffici ingegnosi, capace di rivolgere al padrone un irridente sberleffo o un veloce gesto oltraggioso. Ma solo quando questi volta la schiena e non lo vede: la libertà  del servo. È una lunga storia, vale la pena di raccontarla.

Post Views: 165

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/02/il-peso-della-liberta/