by Editore | 2 Febbraio 2012 9:36
La prima è se assoggettarsi alla Germania che domina la Uem (Unione economica e monetaria) e la Ue (Unione Europea). Il cancelliere Merkel lo vorrebbe, tant’è che dichiara di voler commissariare la Grecia e rieleggere Sarkozy! La seconda è come l’Italia possa cercare spazi politici sia per evitare una dura recessione (anche alla Uem) sia per difendere le istituzioni europee. Il tempo a disposizione è poco perché il 1° marzo il trattato Fiscal Compact sarà firmato dai 17 Stati della Uem (più altri 8 della Ue restando fuori solo l’Inghilterra e la Repubblica Ceca). Da qui ad allora anche il trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (Esm) sarà completato per l’operatività che inizierà il 1° luglio. Questi due trattati intergovernativi hanno una grande rilevanza. Vediamo perché.
Il trattato Fiscal Compact rende obbligatorio per gli Stati che lo ratificano il pareggio di bilancio. L’impegno va garantito in Costituzione o in una legge costituzionale di ogni Stato che deve anche prevedere correzioni automatiche delle deviazioni. Il tutto sanzionabile pecuniariamente con coinvolgimento della Corte di giustizia europea attivata dalla Commissione o dai singoli Stati. In aggiunta si prevede una riduzione del rapporto tra il debito pubblico e il Pil (Prodotto interno lordo) per i Paesi che eccedono il rapporto del 60%, ad un ritmo di 1/20 dell’eccedenza all’anno. Per l’Italia ciò vorrebbe dire una riduzione del debito di 3 punti di Pil, ovvero di quasi 50 miliardi al primo anno, ipotizzando che si parta nel 2012 e che il rapporto debito/Pil italiano sia pari per quell’anno al 120%. Nei complessi richiami del trattato ad altre pattuizioni europee pare ci sia anche l’attenuazione degli impegni di rientro del debito al 60% per quei Paesi (come l’Italia) che hanno basso debito privato sul Pil. Tutto ciò non convince perché la politica di bilancio dovrebbe avere delle discrezionalità comunitarie per obiettivi congiunti di stabilità e crescita adesso schiacciati da automatismi giuridico-giudiziari.
Il trattato del Meccanismo europeo di stabilità (Esm) prevede il varo di un fondo intergovernativo con un capitale garantito da parte dei Paesi sottoscrittori di 700 miliardi di euro e con capacità di prestiti per 500 al fine di sostenere gli Stati della Uem in difficoltà . Gli importi sono ancora in discussione ma chiare sono le condizioni per tali interventi. Infatti gli Stati aiutati devono attuare rigorosi piani di ristrutturazione fiscale concordati e controllati e il sostegno viene dato solo se necessario a salvaguardare la stabilità dell’euroarea. Questo fondo, che subentrerà dal 1° luglio 2012 all’attuale Fondo salva Stati (Efsf, che per ora non ha fatto quasi nulla), è stato definito «barriera antincendio». Denominazione a chiare finalità difensive mentre gli eurobond contribuirebbero al rilancio della costruzione europea.
Per intonare diversamente questi trattati bisognerebbe allegare a quello sul Fiscal Compact, come accadde per il Trattato di Nizza del 2001, una dichiarazione analoga nel metodo a quella proposta da Amato e da Schroeder (allora capi di governo in Italia e Germania con Prodi presidente della Commissione europea) per rilanciare il processo di unione politica europea. Adesso andrebbero anche enfatizzate la crescita e l’occupazione, temi su cui con concretezza (maggiore di quella della dichiarazione del Consiglio europeo del 30 gennaio scorso) si è espresso prima del Consiglio europeo il Parlamento italiano con una bella mozione, indirizzata al governo e approvata dai partiti che lo sostengono. Vi si afferma, tra l’altro, che va cercato un giusto equilibrio fra la politica di riduzione del deficit e del debito e la politica per la crescita, che bisogna completare il mercato interno e promuovere l’innovazione e la ricerca scientifica, anche ricorrendo a strumenti di finanziamento innovativi quali gli eurobond e i projectbond. Questa linea è sostenuta anche dal Movimento europeo che si ispira ad Altiero Spinelli e che ha molto credito in Europa.
Ci auguriamo che Monti porti avanti la linea del Parlamento italiano senza lasciarsi avviluppare dall’ottima accoglienza, di cui ci rallegriamo, che i «Merkozy» gli hanno riservato. Il Fiscal Compact potrebbe azzerare infatti nella disoccupazione e nella recessione le novità importanti del governo Monti. Anche perché non crediamo, come qualcuno sostiene, che quel trattato confermi solo gli obblighi già vigenti e serva alla Merkel solo per scopi politici interni e per dimostrare rigore ai tedeschi. Se anche fosse così non ci sarebbe di che rallegrarsi.
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