by Editore | 23 Febbraio 2012 8:58
Stiamo assistendo alla applicazione alla Grecia delle prescrizioni di “rigore fiscale” imposte dalla cosiddetta troika (Unione Europea, Fondo monetario internazionale, Banca mondiale) analoghe a quelle adottate dal governo Monti nel nostro Paese. Gli effetti presunti intendono essere gli stessi: un rientro da un indebitamento eccessivo da pagarsi con una caduta dei prezzi, della domanda, dei profitti, degli investimenti e quindi con un vistoso aumento della disoccupazione. Insomma con una (ulteriore) riduzione delle possibilità di “crescita” a cui, a Dio piacendo, un giorno o l’altro qualcuno provvederà .
Ma fra noi e la Grecia la differenza, in termini di capacità di sopportazione di questa micidiale cura da cavallo, è forse sufficientemente grande da risparmiarci una immediata tempesta sociale delle dimensioni di quella esplosa ad Atene a causa della rovina di tante imprese e dell’immiserimento di larghi strati della popolazione. Perché in Grecia per evitare la bancarotta finanziaria si dovrebbe pagare il prezzo di una bancarotta sociale e umana per i licenziamenti di migliaia di impiegati pubblici, la riduzione drastica di salari già al limite della sussistenza, la sicura distruzione delle già esigue risorse manifatturiere, la minaccia di una paralisi che colpirà anche il turismo. Viene da chiedersi: era proprio necessario mutilare quel Paese per farlo restare nell’eurozona prima di consentirgli, quanto meno con un soccorso di pura emergenza, di adottare obbligatoriamente misure contro una evasione fiscale che, secondo stime recenti di economisti greci, sarebbe assai più distruttiva di quella nostrana? Più devastante sia per la sua entità in proporzione al Pil che per le dimensioni dell’economia sommersa e la corruzione anche diffusa fra gli agenti del fisco. Una situazione, come ha dimostrato uno studio citato dal New Yorker, che è stata sempre incoraggiata nei mesi antecedenti le elezioni da tutti i partiti che trascurano qualsiasi tematica legata al fisco per evitare di alienarsi il consenso degli elettori-contribuenti. Quegli stessi partiti che, come è noto, hanno avallato frodi nel bilancio statale fingendo minori passività non senza il soccorso di sofisticate pratiche contabili suggerite, ma guarda un po’, dalla Goldman Sachs.
Insomma: l’Unione Europea dovrebbe sopravvivere e salvare l’euro (insieme alle banche francesi e tedesche che detengono i Buoni del tesoro greci) affamando letteralmente uno dei suoi membri più deboli invece che, in primo luogo, educandolo, spingendolo e anche costringendolo a più oneste condotte fiscali (come sta facendo da noi Monti) ma anche, in secondo luogo, adottando politiche economiche diverse da quelle che rappresentano una nuova specie di «pensiero unico» del liberismo estremo apparentemente invincibile, non a caso denominato «Washington Consensus» e ora diventato «Berlin Consensus» (che Monti quasi certamente condivide). Un pensiero unico accademico che predica il taglio della spesa pubblica e la riduzione al minimo dell’intervento statale come l’unico rimedio utile per guarire della malattia dell’eccessivo indebitamento, contro tutta l’esperienza storica delle crisi fiscali. La più devastante delle quali nel 1929 fu aggravata dalle politiche liberiste dell’epoca mentre le successive, secondo gli economisti più illuminati (alla Krugman, Stiglitz, Roubini, ecc.), sono state superate seguendo le politiche keynesiane di incremento della spesa pubblica a sostegnodella domanda e della crescita oggi di nuovo ripudiate. Col rischio che la crisi del 2008 sia peggiore di quella del 1929, anche perché globale.
Sappiamo che per fare questo cambiamento una nuova Europa dovrebbe liberarsi dalle pastoie della attuale forma di unione monetaria condizionata dalla disunione dei nazionalismi patriottici, residui velenosi della vecchia Europa – quella dei fasci e delle svastiche – che sembravano superati miracolosamente ma che, di fatto, covano ancora sotto la cenere. Un nuovo amor di patria europeo potrebbe, del resto, ispirarsi proprio a quello tedesco che ha consentito di riunificare la Germania profondamente lacerata da un Ovest ricco e da un Est miserabile, ma anche a quello un po’ meno convinto italiano che, a dispetto delle stupidaggini della Lega, mantiene unito il nostro Paese malgrado la disunione economica fra Nord e Sud, o a quello britannico che ha realizzato una perfetta unione monetaria col Galles che, pur dotato di un proprio governo e di una propria Assemblea nazionale, riceve dalla Gran Bretagna un sussidio annuo per alleviare la sua povertà . Perché allora tanto scandalo per una unione monetaria che faccia della Grecia, una regione più povera delle altre, un membro sussidiato dall’Europa unita?
Il governo Monti si è per caso dichiarato contrario alle decisioni della Ue che colpiscono la Grecia? Se non lo ha fatto la nostra Lega potrebbe giustificare la sua politica anti-meridione richiamandosi alla partecipazione del nostro Paese alla politica anti-greca. Perché le ipocrisie alla fine si pagano.
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