IDENTITà€ E LETTERATURA AL TEMPO DEGLI HACKER

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A cosa pensano gli hacker quando craccano? Dietro al romanzo d’esordio di Daniela Ranieri, Tutto cospira a tacere di noi (pubblicato da Ponte alle Grazie) potrebbe anche esserci una domanda del genere, col pop di Alice e Battiato a controbilanciare le tendenze esistenzialiste. La domanda sorge perché uno dei più vistosi effetti della tecnologia telematica ha a che fare con la moltiplicazione delle identità  possibili, fra nomi propri, username, avatar, generalità  fittizie, che è sempre possibile dichiarare, mascherare o cancellare. Questo per gli esseri umani: ma anche per le aziende, che celano partecipazioni, alleanze, appartenenze incoerenti con la loro immagine pubblica. Fra gli uni e le altre, ronzano computer a loro volta forniti di interfacce rassicuranti e viscere informatiche che nei romanzi di hackeraggio svolgono la funzione che in Victor Hugo avevano i condotti fognari. 
Questo è appunto un romanzo di hackeraggio. Il protagonista e voce (o dito) narrante del romanzo è l’hacker Luigi Trevor: si definisce un “torturatore di processori”, convinto come è dell’ “indole fondamentalmente da spia di ogni hard disk”. Si fa assumere all’agenzia di comunicazione Fantasy Mix come redattore di una community virtuale; dietro c’è una multinazionale, la Njoy!, di cui Trevor conosce già  o almeno sospetta i comportamenti scorretti che incominciano dallo sfruttamento del lavoro precario (che è uno dei temi del libro, oltre che una sorta di delitto-zero per ogni azienda del più-che-tardo capitalismo) e sfociano nel crimine globalizzato. 
Con il computer che gli è stato assegnato scopre subito che la redattrice che usava il computer prima di lui, sparita all’improvviso e misteriosamente, aveva essa stessa indagato ed era arrivata a intuire il coinvolgimento della Njoy! nei piani di repressione della dissidenza iraniana: il governo dell’Iran assicura riciclaggio di capitali sporchi e ospitalità  fiscale in cambio di sistemi di localizzazione dei dissidenti, che usano il network per comunicare fra loro. 
Nel titolo (viene da Rilke) del romanzo non c’è solo la cospirazione: ci sono anche i “noi”. Nella sua solitudine l’hacker trova come una possibilità  di dialogo, di complicità  e alla fine di amore in quelle tracce della redattrice scomparsa (lui la chiama Arianna) che reperisce all’interno del computer: appunti, lettere, un romanzo forse autobiografico. È su questo livello che la cospirazione telematica incontra l’altro tema usuale di Daniela Ranieri (già  autrice del saggio De Erotographia. Nuove scritture del desiderio, uscito qualche anno fa da Castelvecchi): le relazioni umane all’epoca della loro riproducibilità  (o, forse meglio, “surrogabilità “) tecnica. In un romanzo che pullula di password, codici, barriere, linguaggi criptati, allusioni, labirinti, segreti, file inutilmente erasi dagli hard-disk, l’enigma attorno a cui gioca tutto è quello dell’identità  personale. Alice dietro allo schermo canticchia, appunto: A cosa pensano gli hacker quando craccano? 
È come se Ranieri ci offrisse un romanzo da leggere che è anche (e a sua volta) una sorta di hard disk da forzare. A nostra disposizione mette un meccanismo enunciativo sontuoso: il testo di Trevor esce postumo con note di Arianna, restando sospeso come in una bolla temporale (che sta per il vuoto del mancato incontro fra i protagonisti). A rendere possibile il romanzo c’è una convenzione diaristica: sia Trevor sia Arianna usano affidare al computer (proprio loro che ne conoscono l’irriducibile permeabilità  e la “vocazione di spia”) ogni riflessione e confessione. Se non usassero presumibilmente Pc, potrebbero dire “Ma il mio mistero è chiuso in Mac”.
La facondia autobiografica dei cospiratori non è del tutto realistica, certo: i veri hacker tacciono, cercano di non pensare a nulla, di immedesimarsi nella sintassi delle procedure di decriptazione senza consentirsi distrazioni psichiche. Ma Ranieri qui è una scrittrice, non una hacker. I suoi terroristi sono verbosi perché lei possa dire quanto ha da dire con un atto non di terrorismo ma di letteratura. L’azione letteraria finisce così per mescolarsi inscindibilmente con il pensiero (a partire dalla filosofia del poststrutturalismo) che l’ha determinata. Trevor e Arianna riflettono sul loro stesso essere smaterializzati, sul corpo che si separa dalla vita di relazione, sulle funzioni biologiche e il sesso, sui propri stati mentali e su umanità  e crudeltà  dei rapporti fra le persone, nel mondo digitale e nell’analogico.
Ne esce un romanzo fatalmente un po’ involuto, per quanto scritto bene, tendente al benissimo (è elegante e piacevole anche nei suoi recessi filosofici e informatici): ma i suoi enigmi sono i segni letterari di un altro enigma, che resta da decifrare: un enigma che sta direttamente nella realtà , nei nessi con cui la tecnica ci avvince in una sociologia e politica della Rete ancora ampiamente occulte.


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