Idee Chiare sull’Italia che Verrà 

by Editore | 25 Febbraio 2012 11:07

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Umiliante perché si è trattato di un’imposizione esterna. Sarebbe però un bene se fossero le opinioni pubbliche dei singoli Paesi a pretendere un’analoga risposta prima del voto. In Italia, per esempio, l’elettorato deve sapere con certezza se i partiti esistenti, e quelli nuovi ed eventuali che verranno fuori dal terremoto politico cui stiamo assistendo, intendono oppure no proseguire nel programma di risanamento e di modernizzazione avviato in questi primi cento giorni dal governo tecnico. Molto resta da fare, a partire dalla riforma di un modello di welfare che se non è morto, come dice Mario Draghi, poco ci manca. E finché la casa brucia è ragionevole aspettarsi che i partiti continueranno a portare l’acqua. Ma è decisivo scoprire, anche per chi investe a lungo termine sull’Italia, se i tre porcellini della politica la ricostruiranno di paglia, di legno o di mattoni, quando toccherà  a loro. Il Pd, per esempio, tenterà  di riabbassare l’età  pensionabile o di riscrivere il trattato fiscale europeo come sta facendo il suo compagno Franà§ois Hollande in Francia e come chiede da noi Susanna Camusso? E il Pdl, proverà  a tornare indietro sulla tassazione della casa oppure sui pagamenti in contanti, come Silvio Berlusconi ha lasciato intendere quando ha votato il primo decreto di Mario Monti? E il Centro, sarà  così audace anche quando si toccherà  la spesa pubblica siciliana o campana? 
C’è chi obietta che, legando troppo le mani ai partiti, si finisce per avere governi a sovranità  limitata. Ma accorgersene adesso è un po’ ipocrita, visto che è vero almeno da quando consegnammo il potere di stampare la moneta che portiamo in tasca a un’istituzione sovranazionale. È da allora che i singoli Paesi dell’euro non sono più pienamente sovrani. Certamente non chi, come noi, ha nei prossimi vent’anni il vincolo del pareggio di bilancio scritto in Costituzione e l’obbligo del dimezzamento del debito pubblico. 
Dunque i partiti che ambiscano a governare devono dichiarare onestamente qual è il perimetro residuo della loro sovranità , e impegnarsi per un lungo periodo di tempo ad accettare ciò che ne è fuori come un terreno comune e neutrale sul quale non si svolge la competizione politica. Se lo faranno, recupereranno quote di sovranità  nazionale, piuttosto che perderne. L’Italia infatti potrà  avere più libertà  di bilancio e più autonomia nelle politiche fiscali solo quando avrà  un debito più basso e un accesso al credito più economico. È l’attuale condizione di alto indebitamento e di bassa crescita che ci stringe un nodo alla gola fatto di tasse e di tagli, non il contrario. 
È davvero impossibile dire oggi come si chiameranno i partiti e i leader che si candideranno a guidare quest’opera di ricostruzione nazionale: il fallimento della Seconda Repubblica non sarà  senza conseguenze, né senza frutti. Nemmeno chi se ne è scappato all’opposizione, come la Lega, sembra al riparo dalla grande mutazione in corso. Né è chiaro se, come ormai dicono in tanti, da Walter Veltroni a Berlusconi, i partiti dovranno ancora affidarsi a una figura non partisan come Monti. Ma una cosa è certa: la strada che abbiamo imboccato non finisce l’anno prossimo. E soprattutto è a senso unico.

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