Ici, dalla Chiesa 600 milioni ecco la stretta sugli immobili

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La decisione di Monti di far pagare l’Ici alla Chiesa su tutti gli immobili oggi esenti in cui si svolge un’attività  commerciale, anche non esclusiva ma prevalente, piace a Bruxelles. «Un progresso sensibile, speriamo di poter chiudere la procedura di infrazione contro l’Italia», riferisce il portavoce del commissario alla Concorrenza, Joaquin Almunia, all’indomani della lettera a lui inviata dal premier italiano proprio per schivare l’imminente condanna dell’Italia per violazione della concorrenza e illegittimo aiuto di Stato. Procedura attivata da un esposto sul tema del Partito Radicale nell’ottobre del 2010. L’emendamento annunciato da Monti, che manterrà  il bonus fiscale solo per gli edifici di culto, le mense per i poveri, le attività  caritative e che, ovviamente, varrà  per tutti gli immobili di enti non profit (partiti, sindacati, confessioni religiose, associazioni ambientaliste e di volontariato), sarà  inserito nel decreto di Semplificazione fiscale che il governo si appresta a varare entro febbraio. 
Nel frattempo è guerra di cifre sugli introiti recuperabili dallo Stato. L’esenzione vale 100 milioni per la Conferenza episcopale italiana che riprende un’analoga valutazione fatta da Vieri Ceriani, sottosegretario all’Economia, ma riferita all’ammontare dell’elusione fiscale in capo alle diverse confessioni. Ben più alta, tra i 500 e i 600 milioni, la stima dell’Anci, l’associazione dei Comuni, che calcola in 171,5 miliardi il valore di tutti gli immobili italiani che, a vario titolo, non versano l’imposta. La soglia di un miliardo, tuttavia, non è esclusa del tutto dall’Ifel, l’ufficio studi dei Comuni. «Su questo tema sarebbe opportuno che il governo discutesse anche con noi», ripete il presidente Graziano Delrio. Mentre il portavoce della Cei, Domenico Pompili, va all’attacco: «Non è che fino ad oggi bastava la presenza di una cappella perché ci fosse un ampliamento dell’esenzione a tutto il resto. Al contrario. Se c’è una finalità  non commerciale si è esentati, mentre il resto paga l’Ici come gli altri». Dal Vaticano nessun commento: «Si è parlato di tutto ma non di Ici», riferisce l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco, al termine della cerimonia per i Patti Lateranensi. Il tema è scivoloso. Allo stato attuale, manca un censimento attendibile sul ricco patrimonio immobiliare ecclesiastico. I luoghi di culto sono accatastati come E7, ma nessuno è in grado di dire quali di questi edifici siano usati per il business o la fede.

Le scuole Oltre 8000 istituti in Italia con rette fino a 7 mila euro    


Le scuole private gestite da religiosi sono quasi 8.800 in tutta Italia e rappresentano una fetta corposa di un patrimonio davvero sconfinato che il Gruppo Re, una società  da sempre vicina al Vaticano nel business del mattone, valuta nel 20-22% dell’intero stock italiano. E dunque vicino al miliardo di metri quadrati, per un valore approssimativo di 1.200 miliardi di euro. Solo a Roma, la Chiesa avrebbe in portafoglio 23 mila immobili. Tra questi, i 217 istituti religiosi destinati all’istruzione – soprattutto del ciclo obbligatorio – sono esentate dall’Ici, così come le scuole pubbliche italiane. Ma, a differenza di queste, chiedono rette assai salate. Alcuni licei superano anche i 7 mila euro all’anno, forti del nome blasonato e degli illustri ex studenti, come nel caso del liceo Massimo a Roma, gestito dai gesuiti e frequentato in passato da alunni eccellenti come Mario Draghi, Luca Cordero di Montezemolo, Francesco Rutelli, Luigi Abete. O come quelle che fanno capo ai Legionari di Cristo e ai Fratelli delle Scuole Cristiane.

Le cliniche I centri di cura sono 2.000 molti già  in lite con i Comuni    


Non esiste clinica cattolica, e dunque privata, che non destini uno spazio della propria struttura alla preghiera. Il portavoce della Cei esclude che la presenza, all’interno di immobili ecclesiastici, di una struttura dedicata esclusivamente al culto sia la chiave usata, in questi anni, per eludere il pagamento dell’Ici. Eppure in moltissimi casi la sola esistenza di un luogo simile ha fatto scattare l’esenzione, in virtù dell’espressione inserita nel decreto del 2006 (il 223, Visco-Bersani) che riserva lo sconto fiscale agli immobili a utilizzo «non esclusivamente commerciale». Da questo punto di vista, anche le costosissime cliniche gestite da svariate congregazioni religiose lo sono. Come pure le case di cura. Ne esistono almeno duemila in tutta Italia, moltissime non versano l’Ici. E in alcuni casi si tratta di importi milionari. Le Suore Mercenarie, ad esempio, hanno una casa di cura in centro a Roma e sono in causa con il Comune. Così come il centro di don Orione sulla Camilluccia che al suo interno ha una struttura di riabilitazione a pagamento.

Gli alberghi I conventi diventano business il boom con l’ultimo Giubileo    


Il caso degli hotel è quello tradizionalmente preso ad esempio quando si parla di Ici e di Chiesa. Molte di queste strutture non nascono come alberghi, ma sono avviate al business solo in un secondo tempo, quando i conventi, le case religiose – sia per il calo delle vocazioni, sia come forma di autofinanziamento – sono destinati, in tutto o in parte, ad attività  ricettive. Partono come semplici pensioni, a gestione quasi famigliare e costi modici (spesso condotte da suore), e si trasformano in veri hotel con tanto di stelle e segnalazioni nelle guide turistiche e sui siti di settore. Molte di queste strutture non pagano l’Ici e per evitare il versamento utilizzano quello spartiacque giuridico alquanto fumoso dell’attività  commerciale «non esclusiva» che, ad oggi, per la semplice presenza di una cappella all’interno consente loro di non pagare. A Roma, ad esempio, il fenomeno è esploso nel 2000 con il Giubileo, quando la trasformazione fu giustificata dall’accoglienza dei pellegrini. L’Hotel Santa Brigida in piazza Farnese, ad esempio, è citato anche sul sito Tripadvisor.

Gli ostelli Collegi, case di studio e per ferie a Roma frutterebbero 25 milioni    


Gli ostelli, le case per ferie, le case di studio, i collegi che fanno riferimento a frati, suore, missionari, ancelle della Carità  sono molto diffusi, in ogni parte d’Italia. Aperti a giovani, famiglie, singoli, gruppi sono tutti a pagamento. Un reale censimento su chi paga regolarmente l’Ici e chi no non esiste. Benché molti Comuni, in vista delle nuove modifiche introdotte dal governo Monti su Imu e aggiornamento delle rendite catastali, hanno messo mano a un nuovo censimento che tenga conto anche degli edifici sinora esentati dall’imposta. A Roma, al solito, dove la presenza di queste strutture è davvero importante, il problema è stato posto da tempo. Esiste un documento ufficiale datato 17 marzo 2009 e protocollato come RC3825 che certifica un mancato incasso annuo per il Comune pari ad almeno 25,5 milioni di euro di gettito Ici da immobili della Chiesa adibiti a uso commerciale. Una cifra importante, che molti reputano sottostimata, destinata a crescere, per la revisione degli estimi e le nuove regole del governo Monti.


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