I numeri ( e le parole) del tesoriere

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«Quando le parole non valgono più niente!» è la prima cosa che ho pensato rivedendo l’intervista a Luigi Lusi fatta dal collega Bernardo Iovene il 10 luglio del 2006. L’argomento era il finanziamento ai partiti, e lui parlava in qualità  di tesoriere della Margherita. Di quella lunga conversazione andarono in onda solo i numeri: quanto incassa il partito, quanto spende e come: «Il nostro bilancio annuo è di 21 milioni di euro, 20 le uscite. La campagna elettorale del 2006 è costata 12 milioni, gli altri 8 servono per la vita del partito. Paghiamo 100 persone che ci lavorano, sosteniamo le sedi regionali, e poi ci sono le spese per la comunicazione». Il resto erano le ovvie considerazioni di ordine morale sull’uso del denaro pubblico. Talmente ovvie che non era necessario trasmetterle, non avendo allora ragione di dubitarne. 
Il tempo però presenta sempre il conto, e gli archivi sono dei testimoni impietosi. Nel 2002, per volontà  di Sposetti (all’epoca tesoriere dei Ds) e di Maurizio Balocchi (tesoriere della Lega Nord), viene abolito il tetto di spesa e i rimborsi elettorali passano da 800 lire a un euro, quindi da un anno all’altro gli incassi raddoppiano. La Margherita non ha appoggiato questa legge, ma quando il denaro corre si sa sempre dove metterlo. Dice Lusi: «I cittadini devono capire che la politica, per essere equa, deve dare le provviste ai partiti». I cittadini capiscono, ma siccome equità  non c’è stata, ora Lusi risarcirà  i cittadini? Si ricorderà  di aver detto che «c’è un confine fra l’opportunità  e la legalità , che è lasciato alla coscienza dei singoli»? Ed era molto convincente quando ha dichiarato che «c’è un problema di etica della politica: se pensiamo di farla con i fichi secchi non è vero; se pensiamo che si possa fare con pochi soldi è parzialmente vero; se pensiamo che noi della Margherita non abbiamo mai fatto debiti, significa che abbiamo utilizzato virtuosamente le risorse che avevamo… Vi sono nei rivoli del sistema politico dei luoghi nei quali c’è una dispersione di denaro che può essere decisamente contratta. Penso all’infinita serie di società  di diritto privato a capitale pubblico, alcune delle quali sono una perpetuazione di consigli d’amministrazione che servono a sistemare persone, ma non sempre rispondono alla soddisfazione del requisito di servizio pubblico». 
Tre anni dopo un rivolo di 13 milioni di euro, amministrato da Lusi, defluisce verso il Canada, nella sua TTT, che di pubblico non ha nulla. In mezzo c’è la Margherita che si dissolve, lui diventa senatore del Pd e forse ha cambiato idea rispetto a quei problemi etici che sembravano essere il baricentro del suo pensiero di uomo politico. Anche la Margherita, come tutti i partiti, aveva ricevuto soldi dalle aziende, fra queste Autostrade spa, ma guai a parlare di restituzione di favori: «Il nostro Paese è molto strano: ci sono italiani che pensano che coloro che fanno sfoggio di questa opportunità  siano bravi, furbi, intelligenti; altri italiani invece, molti dei quali sono, grazie a Dio, dalla nostra parte, ritengono che bisognerebbe avere un po’ più di oculatezza, di attenzione e di verifica preliminare sull’opportunità  o meno di alcuni comportamenti. Noi preferiamo rivolgerci a questi secondi… perché ci poniamo il problema etico e mi sembra che siamo rispettosi di questa dimensione». È consapevole della sproporzione fra le risorse necessarie alla vita dei partiti e quelle a disposizione: «O noi affrontiamo la questione della spesa politica, come si affronta il toro per le corna, o la questione non si risolve mai». 
La Margherita si è sciolta a fine 2007, ma ha continuato a incassare: 223 milioni negli ultimi 10 anni. Non si è scandalizzato Lusi; immaginiamo che lo abbia ritenuto giusto ed equo, perché così fan tutti, o perché i disonesti sono sempre gli altri: «Se ci sono dei politici che utilizzano in modo non onesto le contribuzioni che a loro derivano, spero che la magistratura faccia il suo dovere». È stato accontentato. La Procura di Roma lo ha indagato.
E ora gli stessi protagonisti di queste spartizioni sono tutti lì a dire che «bisogna garantire delle modalità  di erogazione e funzionamento dei partiti in modo che siano delle case di vetro». Dovremmo crederci


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