I nuclei anticorsari con base a Gibuti

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Fanno parte dei Nuclei militari di protezione creati nell’ottobre scorso con un accordo fra il ministero della Difesa e Confitarma, la confederazione italiana degli amatori navali. Finora i marines italiani destinati a fronteggiare eventuali assalti dei pirati sono 60, divisi in 10 team di 6 militari ciascuno. Pochi se si considera che ogni anno transitano lungo le rotte a rischio quasi 2 mila navi mercantili italiane, circa 900 nelle acque del Corno d’Africa e più di mille affrontano la traversata dell’Oceano Indiano. La base dei nuclei antipirati è stata fissata a Gibuti dove 16 ufficiali ricevono le richieste di imbarcare i militari e fanno trovare le squadre pronte nei porti indicati dagli armatori. A bordo i militari si muovono in modo autonomo, non esiste fra loro e il comandante della nave nessun rapporto di subordinazione. I proprietari delle navi sono tenuti a pagare 500 euro al giorno per ciascun militare, soldi che la Marina impiega per addestrare nuovi gruppi. È obbligatorio per gli armatori creare sulle navi spazi protetti per la custodia di armi e munizioni e fortificare un ambiente chiamato «cittadella», dove l’equipaggio può ritirarsi al sicuro in caso di abbordaggi. Le regole d’ingaggio dei militari non prevedono l’affondamento dei cosiddetti «skiff», le veloci imbarcazioni usate dai pirati. Ci si deve limitare ad azioni in grado di impedire la cattura della nave, gesti intimidatori, segnali luminosi e spari in aria di avvertimento. In futuro gli armatori verranno autorizzati a imbarcare anche squadre di contractors, agenti privati. 


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