I genitori al Viminale, il “blocco” è tunisino

by Editore | 22 Febbraio 2012 8:20

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Il Viminale, infatti, ha aperto le porte alla delegazione che rappresenta 256 genitori tunisini che da un anno cercano i loro figli, partiti a marzo per l’Italia e mai più tornati. Ad accompagnali alcune delle persone che li stanno aiutando: Rebecca Karem, le associazioni Pontes e 2511 di Milano, da mesi sulle tracce degli scomparsi, e Stefano Galieni, responsabile immigrazione di Rifondazione. 
La faccenda è complicata ma ha assunto una rilevanza politica esplosiva. Anche su questo si giocano i nuovi rapporti tra Italia e Tunisia «liberata». Lo dimostra proprio l’incontro fissato dal Viminale. Oltre alla disponibilità  della direttrice del Dipartimento per le Libertà  Civili e l’Immigrazione, Angela Pria, ad accogliere il dramma di questi genitori, c’è anche la consapevolezza che esiste una pressione reale. Per questo le istituzioni italiane ci tengono a far sapere che è il governo tunisino a “temporeggiare”. Massima disponibilità  da parte italiana a confrontare le impronte custodite dalla Tunisia (a 16 anni vengono prese a tutti i cittadini) con quelle raccolte in Italia. Questioni diplomatiche, che fanno dire a Federica Sossi del gruppo “Le 2511”: «Le impronte sono un modo per identificare le persone, e farle scomparire, espellerle. Mai per ritrovarle». I parenti sono apparsi molto scossi dalla notizia che sarebbe la Tunisia a impedire il riconoscimento: «Perché non ci aiutate?», il messaggio lanciato ieri.. Tra loro e la Tunisia le cose non vanno molto bene da quando, dopo essere stati “inviati” in Italia dal ministero degli esteri si sono trovati praticamente senza sostegno, tanto che ieri si è formato un comitato romano per dare una mano sia dal punto di vista politico che pratico. «C’è una forte confusione in Tunisia -ha detto Oujedane Majri dell’associazione Pontes – questi cittadini stanno dimostrando di essere capaci di usare gli strumenti della democrazia: manifestazioni, sit-in. Ma questo al governo tunisino non piace. Nella Tunisia liberata, la democrazia si sta costruendo dal basso».

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