Grecia, negoziati nella notte Atene chiede di più ai privati
BRUXELLES – La Grecia sarà salvata. I ministri dell’eurogruppo riuniti ieri a Bruxelles sembrano decisi a dare il via libera al prestito da 130 miliardi di euro che permetterà di evitare la bancarotta di Atene. Ma, come sempre, il diavolo è nei dettagli. E fino a tarda notte la riunione si è trascinata in negoziati interminabili per far combaciare i pezzi di un «puzzle», come lo ha definito il ministro francese Francois Baroin, che appare tanto complicato quanto fragile.
I problemi che ancora restano da risolvere sono sostanzialmente due. Occorre reperire tra cinque e dieci miliardi supplementari necessari, secondo gli esperti della troika europea, per centrare l’obiettivo di una riduzione del debito pubblico greco al 120 per cento del Pil entro il 2020 (ora è al 165 per cento). Inoltre bisogna trovare una formula di “commissariamento” del Paese che garantisca la piena e tempestiva applicazione delle misure concordate: è questa una condizione irrinunciabile posta dai Paesi nordici, in particolare Olanda e Finlandia. La questione dei fondi da reperire ha occupato una buona parte della nottata dei ministri. Il presidente dell’eurogruppo, Jean Claude Juncker, ha escluso un aumento del prestito che «non deve superare i 130 miliardi». Ma la Germania è irremovibile sul fatto che la manovra debba centrare l’obiettivo del 120 per cento del Pil, e non si accontenta del 129 per cento che sarebbe, secondo le proiezioni della troika, il risultato raggiungibile con gli strumenti a disposizione. Per tentare di raggiungere quel traguardo, ieri sera il premier greco Papademos ha cominciato un lungo e snervante negoziato con le banche private, che già hanno accettato un taglio del 70 per cento sul valore nominale dei titoli in loro possesso per spingerle ad ulteriori concessioni. Le altre opzioni sul tavolo sono un abbassamento dei tassi di interesse sul prestito di 130 miliardi. Oppure una formula che consenta alla Bce di restituire ad Atene le plusvalenze che registrerà rivendendo i bond greci in suo possesso.
La questione del “commissariamento” è ancora più complessa. La Grecia, grazie anche alla mediazione italiana, avrebbe accettato che il prestito venga versato su un conto bloccato, in modo da garantire che venga utilizzato solo per pagare gli interessi sul debito. Ma l’Olanda non si accontenta. «Abbiamo visto che la Grecia più volte non è riuscita a soddisfare le condizioni che ha posto la comunità internazionale. Per l’Olanda è un problema dover prestare denaro a un Paese che per l’ennesima volta non si è attenuto agli accordi. Quindi per me, e per il governo olandese, è davvero essenziale avere il controllo sul denaro che stiamo per concedere come prestito», ha dichiarato il ministro olandese delle Finanze Jan Kees de Jager. Gli olandesi vorrebbero, oltre al conto bloccato, rendere permanente la missione della troika composta da rappresentanti della Bce, della Commissione e del Fmi. Quanto alla Finlandia, la sua posizione si è ammorbidita solo dopo che la Grecia ha firmato un accordo bilaterale in cui si impegna a versare a Helsinki collaterali per un miliardo in garanzia del 40 per cento della quota finlandese nel prestito europeo. Con l’aria che tira, la pretesa finlandese assomiglia ad un atto di sciacallaggio. Ma a tanto si è ridotta la solidarietà europea.
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