Grecia, l’intesa sui tagli non basta alla Ue Bruxelles rinvia il via libera agli aiuti

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BRUXELLES – Il lungo calvario della Grecia non è ancora finito. Il braccio di ferro tra l’Europa e i politici di Atene per salvare il Paese dalla bancarotta continua. Nonostante il governo di Lucas Papademos abbia annunciato la conclusione di un «accordo generale» dell’ultimo minuto tra i leader dei principali partiti e la troika di negoziatori, i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo, riuniti ieri a Bruxelles, non hanno dato il via libera al secondo prestito di 130 miliardi che solo potrebbe evitare un «default» incontrollato e l’uscita della Grecia dall’euro. «Per questa sera non è attesa una decisione finale: ci sono ancora troppe incertezze», ha dichiarato il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker avvertendo però che un rinvio della concessione del prestito alla settimana prossima «non sarebbe una catastrofe». 
La doccia gelata che arriva da Bruxelles chiude una giornata convulsa e per molti aspetti confusa. Nel primo pomeriggio, quando già  il ministro delle finanze greco Venizelos era partito per Bruxelles per partecipare alla riunione dei colleghi europei, da Atene è arrivata la notizia di un accordo di massima raggiunto all’ultimo minuto tra i tre principali partiti politici greci e la troika di negoziatori che comprende Commissione, Bce e Fmi. Fino a mercoledì sera, le trattative erano bloccate dal nodo pensioni.
«Ora manca solo il sostegno dell’eurogruppo» ha confermato Venizelos al suo arrivo a Bruxelles, aggiungendo che anche con i creditori privati, cioè le banche mondiali in possesso di titoli greci, era stato trovato «un accordo sui principali parametri». Ma evidentemente l’ottimismo del governo greco non ha convinto Bruxelles.
«Ci sono ancora molte questioni da chiarire», ha spiegato Juncker. E un funzionario del Consiglio ha spiegato che restavano ancora una dozzina di punti oscuri «sulla sostanza del programma». Ad aggiungere incertezza in una situazione già  confusa, ieri sera i rappresentanti delle banche private, dopo aver tenuto una riunione a Parigi, sono arrivati a Bruxelles dove saranno verosimilmente sentiti dall’Eurogruppo trasformatosi ormai a tutti gli effetti in un vero tribunale fallimentare della Grecia.
In effetti, nonostante la notizia dell’accordo raggiunto, il governo greco non ha diffuso nessun particolare sui dettagli dell’intesa. Nonostante ciò i sindacati hanno reagito annunciando 48 ore di sciopero generale da oggi. Non sono i soli a protestare: il sottosegretario al Lavoro Yiannis Koutsoukos, socialista, si è dimesso, dichiarandosi contrario alle nuove misure di austerità . La manovra prevede un taglio di 15 mila posti di lavoro nel settore pubblico entro l’anno, e si parla di una riduzione di 150 mila per il 2020, data entro la quale il debito pubblico greco deve rientrare al di sotto del 120% del Pil. Un’altra misura sarebbe la riduzione del 22% dei salari minimi. Sulla riforma del sistema pensionistico, che era stato il principale ostacolo nei negoziati, il governo non ha fornito dettagli. Pare anche sfumato il taglio generalizzato dei salari nel settore privato. Secondo il ministro delle Finanze tedesco, Schauble, la manovra che i partiti politici greci sarebbero pronti ad accettare «non è sufficiente per permetterci di arrivare ad un accordo». 
«Rispetto a domenica i negoziati hanno fatto passi avanti, ma ora tocca al governo greco e al Parlamento convincere i partner europei con impegni forti e azioni concrete» ha spiegato il commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn. La verità  è che, dopo due anni di promesse non mantenute, l’Europa non si fida più dei politici greci, che per di più in aprile saranno chiamati a confrontarsi in nuove elezioni. La riunione dell’Eurogruppo si è protratta fino a notte inoltrata con un esame minuzioso del piano di risanamento. Ma per dare il via al prestito, l’Europa chiede qualcosa di politicamente molto più solido di un accordo generale dell’ultimo minuto.


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