Grecia e Europa con il fiato sospeso notte di trattativa per evitare il default Ue-Bce-Fmi: tagli a salari e pensioni
BRUXELLES – C’è ottimismo sui mercati e nelle capitali europee sulla possibilità di trovare un accordo che eviti la bancarotta della Grecia. Mentre ancora a tarda sera il premier greco Papademos era in riunione con i leader dei tre principali partiti politici per far loro accettare un duro pacchetto di riforme e di tagli al bilancio, il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha convocato per oggi pomeriggio la riunione dei ministri delle finanze della zona euro, che dovrebbero dare il loro benestare alla concessione di un prestito di 130 miliardi di euro in grado di salvare il Paese. Questo pomeriggio è convocata a Parigi anche una riunione dei grandi investitori privati detentori di bond greci, che dovrebbero accettare un taglio del 70% sul valore dei titoli in loro possesso concordato con il governo di Atene. Infine, sempre per oggi, è prevista la riunione del board della Bce, che potrebbe decidere di rinunciare a circa undici miliardi di profitti sui titoli ellenici che ha acquistato negli ultimi due anni.
Le varie tessere del puzzle che dovrebbe consentire il salvataggio della Grecia sono dunque tutte sul tavolo. Perché vadano in posizione è però necessario che i leader politici del Paese accettino e sottoscrivano un documento di una trentina di pagine scritto in inglese e concordato tra il governo tecnico di Papademos e la troika composta da rappresentanti del Fmi, della Bce e della Commissione europea. Il documento prevede una riduzione di 15 mila dipendenti pubblici, tagli del 20% sui salari minimi e sforbiciate sulle pensioni superiori a 1200 euro e sulle pensioni integrative. E’ un boccone assai difficile da digerire per partiti che in aprile dovrebbero andare alle elezioni. Ma la sfiducia dell’Europa nei confronti della classe politica greca è ormai talmente forte, che la troika chiede ai partiti di impegnarsi per iscritto a rispettare le nuove misure anche dopo le prossime elezioni politiche, quale che ne sia il risultato. Non solo: secondo indiscrezioni il prestito europeo sarebbe in un primo tempo vincolato al solo pagamento degli interessi sul debito, e la possibilità di utilizzare i soldi per pagare gli stipendi o per finanziare altre spese pubbliche sarebbe condizionata alla effettiva messa in opera delle riforme e dei tagli concordati.
Se i partiti non dovessero accettare le condizioni imposte loro dall’Europa, non solo salterebbe il prestito di 130 miliardi, ma anche l’accordo faticosamente raggiunto con i creditori privati. A questo punto, quando il 20 marzo andranno in scadenza emissioni per 14 miliardi di bond greci, la bancarotta del Paese sarebbe inevitabile. E con essa l’uscita della Grecia dall’euro.
I tempi sono ormai molto stretti. Si valuta che, per completare le procedure necessarie a far arrivare i soldi nelle casse greche prima della nuova emissione dei titoli, l’iter decisionale europeo debba essere completato al più tardi entro il 14 febbraio. Ma evidentemente Papademos deve aver ricevuto segnali incoraggianti dai suoi interlocutori visto che, dopo un colloquio con il premier greco, Juncker ha ritenuto opportuno convocare per oggi a Bruxelles i ministri dell’eurogruppo.
Restano da capire nei dettagli anche le operazioni di riprogrammazione del debito in mano ai privati e alla Bce. L’associazione delle banche mondiali dovrebbe accettare tagli sul valore nominale e un allungamento delle scadenze dei titoli di debito in loro possesso che permetteranno di ridurre l’indebitamento greco di circa 100 miliardi, riportandolo al 120% del Pil. Le banche centrali, che pure detengono bond greci, non prenderanno parte all’operazione. Ma la Bce potrebbe decidere di rivendere i titoli greci in suo possesso al Fondo salva stati ad un prezzo vicino a quello a cui sono stati acquistati e dunque inferiore al loro valore nominale, rinunciando in questo modo al profittoche potrebbe ricavarne.
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