Grande attesa per la sentenza: «Farà  storia»

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Casale Monferrato ha avuto il coraggio di dire no all’offerta del diavolo (18,3 milioni di euro offerti da uno degli imputati, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny di 65 anni) e, ora, attende la sentenza del maxiprocesso di Torino contro l’Eternit. E l’attendono, con fiducia, anche Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli): le altre tre di sedi di stabilimenti della multinazionale dell’amianto.
Sul banco degli imputati, oltre all’elvetico (uno degli uomini più ricchi del mondo, che oggi si presenta come «filantropo» vicino alla green economy), c’è il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, 91 anni. Per entrambi il pm Raffaele Guariniello ha chiesto 20 anni di carcere. Rispondono di disastro ambientale doloso permanente e di omissione dolosa di misure di sicurezza. La pena richiesta dall’accusa è di 12 anni, ma è salita a 20, in quanto il reato è stato continuato. «E continua ancora oggi», ha precisato il magistrato. Gli imputati non si sarebbero limitati ad accettare il rischio che il disastro si verificasse, ma continuano ad accettarlo ancora oggi.
Quello di Torino è un processo storico, per numero di casi trattati, per il ruolo dei dirigenti coinvolti – la testa di un sistema – e per l’entità  delle pene richieste. Nel mirino non c’è solo la fibra-killer, ma una politica spregiudicata ai vertici delle multinazionali: un atto d’accusa ai super-dirigenti che non si preoccupano di quello che succede nelle filiali periferiche e che, anzi, minimizzano i problemi o fanno di tutto per nasconderli. Il barone belga e il magnate svizzero sono responsabili, secondo l’accusa dei pm Guariniello, Sara Panelli e Gianfranco Colace, dello scempio provocato dall’amianto in Italia a partire dal 1952.
Che sia stato un maxi-processo lo dicono le cifre: 2200 morti e oltre 800 ammalati, 6.392 parti civili e 65 udienze fra il 2009 e il 2011 (tempi stretti grazie anche al pugno di ferro del presidente della corte Giuseppe Casalbore). Farà  scuola pure in altri Paesi, dove da anni comitati di cittadini attendono che la magistratura indaghi e faccia giustizia. Domani, sono attesi in tanti: familiari, movimenti, associazioni (anche i parenti e i lavoratori della Thyssen), il Palagiustizia ha previsto misure straordinarie: il Tribunale apre due maxi aule da 250 posti e l’aula magna da 700, la Provincia ne mette a disposizione una da 316. Sono attese almeno 160 delegazioni da tutta Italia e da Francia, Brasile, Usa, Svizzera, Gran Bretagna, Olanda e Belgio.
«Dopo oltre trent’anni di lotta per la giustizia-bonifica-ricerca, auspichiamo che questa sentenza possa offrire un grande contributo alla lotta mondiale contro l’uso dell’amianto e per la salvaguardia della salute» si augurano l’Afeva e i sindacati casalesi. E, alla vigilia, Guariniello rivela: «Quando abbiamo cominciato a lavorarci, il caso Eternit sembrava una pazzia. Invece siamo arrivati alla fine. Questo dimostra che si può fare. È necessario farlo anche altrove, per riparare alla grave ingiustizia internazionale che si sta consumando».


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