Governo soddisfatto E sul decreto ci sarà  la fiducia

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ROMA — A chi dice che sono liberalizzazioni a metà , che al più sono riduzioni di alcune rendite, a chi come Casini aggiunge che alcune decisioni sono state «annacquate», il governo formalmente non replica. Ma a Palazzo Chigi, nello staff di Monti, ci tengono a puntualizzare alcuni concetti.
Primo: l’impianto del decreto «ha retto»; certo, ammettono, «con alcuni cedimenti»; con modifiche che in alcuni casi sono state accettate perché bisogna fare i conti con i numeri parlamentari, con alcuni paletti posti dalle forze di maggioranza, «ma anche con dei miglioramenti». Nonostante tutto, è il bilancio in corso d’opera, si può essere soddisfatti: «Si poteva certamente fare di più, ma come ha detto il presidente non esiste un settore che non è stato toccato».
Secondo: gli interventi normativi in tema di concorrenza e liberalizzazioni, da parte del governo, non si esauriscono con questo decreto. Quando, come, che cosa? Sono domande ancora premature, ma a Palazzo Chigi assicurano che «ci sarà  un’altra tornata prima della fine dell’anno, su questo punto non c’è dubbio».
Terzo: tutte le critiche sono legittime, ma è anche vero che questo decreto è stato concepito «dopo 15 anni di inattività  pressoché totale» sugli argomenti toccati; che si è dovuto fare i conti con la fretta di dover dare un segnale forte ai mercati e alle cancellerie europee; che la parte più importante comincerà  un minuto dopo l’approvazione definitiva del testo in Parlamento: «Perché come per gli altri decreti la parte attuativa sarà  importante tanto quanto quella di formazione delle norme».
Certamente, aggiungono fonti di governo, al decreto verrà  posta la fiducia. Una fiducia tecnica, perché politicamente tutti i nodi sono stati sciolti, non esistono problemi di tenuta della maggioranza. Resta però la possibilità  di ripresentare tutti gli emendamenti discussi in commissione anche in Aula e dunque meglio evitare sorprese, quantomeno dopo giorni e notti di faticosa trattativa con i partiti. Una chiosa del sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo rende bene l’atmosfera delle ultime ore: «In alcuni casi è stato un delirio, in molti casi abbiamo usato l’accetta».
C’è infine un’altra considerazione che nel governo intendono sottolineare: al di là  delle parole grosse, dello scontro sui taxi (con la competenza che torna ai Comuni) o sulla Tesoreria unica (intesa trovata ieri sera), «l’accordo politico non solo ha retto, ma ha visto anche la Lega comportarsi, almeno nei fatti, nella sostanza dei lavori, con grande senso di responsabilità  e di questo va dato atto». Poteva insomma esserci un ostruzionismo molto maggiore di quello che in effetti si è verificato nel corso dell’esame del decreto legge in commissione.
Il decreto legge liberalizzazioni «trasuda finalità  per liberare un po’ di più l’economia italiana da tanti vincoli, che hanno impacciato la crescita», ha dichiarato due giorni fa Mario Monti, nel corso dei lavori in commissione, e mentre precisava i termini della normativa che riguarda l’Imu per gli enti ecclesiastici e in generale non profit.
Ieri sera sia nel Pd che nel Pdl si rivendicava il merito, su singoli argomenti, di aver migliorato il decreto legge: per il partito del Cavaliere erano importanti le modifiche ottenute in tema di taxi e farmacie, per il partito di Bersani, fra le altre, quelle che hanno introdotto il «rating di legalità » per le imprese.


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