Governo battuto sulle toghe L’esultanza di Pdl e Carroccio

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ROMA — Il boato in aula dopo il voto, che si leva dai banchi della Lega e del Pdl, ha il sapore della rivalsa. E così contro il deputato dell’Idv Federico Palomba, l’ex magistrato che aveva chiesto invano a Fini di non concedere il voto segreto, l’ex maggioranza di centrodestra si leva in piedi e in coro canta un melodico «Volaaa, Colomba volaaa…».
Il colpaccio dunque è riuscito a Lega e Pdl che hanno mandato sotto il governo Monti sul terreno minato della giustizia: con un aiutino offerto da almeno 34 deputati del centro sinistra e del Terzo Polo, l’ex maggioranza ha così fatto approvare nella legge comunitaria 2010 l’emendamento del leghista Gianluca Pini finalizzato a introdurre la possibilità  per il giudicato di citare direttamente il magistrato che lo giudica. Per dolo, colpa grave e manifesta violazione della legge.
Una vera «bomba» per le toghe che ora rispondono in sede di responsabilità  civile solo in modo indiretto: perché oggi il cittadino cita lo Stato che poi si rivale sul giudice per un massimo di 30 mila euro. Per questo il governo, che pure aveva espresso parere contrario all’emendamento Pini con il ministro Enzo Moavero, ha fatto dire al sottosegretario Antonio Catricalà  che la norma verrà  modificata al Senato. Per il sindacato dei magistrati, l’Anm, la citazione diretta per responsabilità  civile rappresenta una sorta di «Linea Maginot», la cui tenuta giustificherebbe anche un clamoroso sciopero delle toghe: «È una ritorsione contro di noi, martedì prenderemo una decisione sullo stato di agitazione contro questa norma», annuncia il presidente Luca Palamara.
Quello di ieri è il secondo tentativo di piazzare l’emendamento Pini. Il primo fu bloccato, pare anche grazie all’intervento del Quirinale, col governo Berlusconi che godeva di ottima salute. Ora invece, su 476 presenti, in 264 hanno votato a favore e in 211 contro e questo significa che nel centrosinistra e nel Terzo Polo molti hanno ceduto alla tentazione, grazie al voto segreto, di varare una norma altamente indigesta per i magistrati. In aula erano presenti 181 deputati Pd, 18 dell’Idv, 20 di Fli e 32 dell’Udc. Totale: 251. Meno i 6 radicali che hanno votato a favore restavano nell’emiciclo 245 potenziali no che invece si sono ridotti a 211.
Contro questo voto Antonio Di Pietro (Idv) ha alzato la voce più degli altri: «È la vendetta della casta. Alla Camera, in materia di giustizia, c’è una maggioranza da P2 parlamentare». In cima alle preoccupazioni di Pier Luigi Bersani (Pd), invece, c’è la tenuta di Monti: «Chi ha votato contro il parere del governo ha sottovalutato la questione politica: siamo qui a salvare l’Italia ma così facendo si rischia di compromettere tutto. Chi destabilizza si prende una responsabilità  seria». Pier Ferdinando Casini, infine, fa il pompiere: «Questa norma intaserà  definitivamente il sistema giudiziario ma si potrà  correggere al Senato. Per questo i giudici aspettino sullo sciopero».
Al Pdl non resta che tirare le somme di una giornata segnata da un successo: «Chi sbaglia paga, anche i magistrati», dice il segretario Angelino Alfano che da Guardasigilli aveva provato a inserire una modifica costituzionale analoga nella sua «riforma epocale» della giustizia. Poi, sulla indignazione del centrosinistra, Alfano chiosa: «A scrutinio segreto almeno 50 di loro hanno votato a favore». E questo risultato ha galvanizzato Pini della Lega («Non ci faremo intimidire dall’Anm») e l’ex aennino Andrea Ronchi: «Il voto è un chiaro segnale di distanza dal governo Monti».


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Nulla è più dove dovrebbe essere. A Palazzo Chigi non c’è un governo uscito dal voto, ma la proroga di un gruppo di «tecnici» – chiamati in emergenza un anno e mezzo fa – che alla conta di febbraio hanno avuto l’11% dei voti. Di possibili governi non si discute in Parlamento, ma sul blog di Grillo, al Palazzo Vecchio di Firenze o nelle residenze di Berlusconi. Il regista della formazione del governo non è a Palazzo Chigi, ma al Quirinale. E, da lì, le consultazioni si fanno con Francoforte, al telefono con Draghi.

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