Gli eroi di Tavares in un regno insidioso

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Quando nel 2007 è stato pubblicato in Portogallo Aprender a rezar na era da técnica. Posià§à£o no mundo de Lenz Buchmann, una delle più importanti riviste di cultura lusofona, il «Jornal de Letras, Artes e Ideias», ha dedicato la copertina a Gonà§alo M. Tavares presentandolo come A mà¡quina da Literatura. La definizione, oltre a riecheggiare uno dei titoli dello scrittore – A Mà¡quina de Joseph Walser -, alludeva alla capacità  produttiva del giovane professore dell’Universidade Técnica di Lisbona, che in soli sei anni di attività  letteraria aveva già  confezionato ben 23 testi. Una macchina della letteratura che continua a non perdere colpi, mantenendo ritmi elevati che rendono le operazioni di inventario quasi impossibili. Agli inizi del 2012, per approssimazione, si può parlare di uno stock di 40 volumi, a disposizione o già  rilavorati per un indotto (teatro, cinema, arte contemporanea) in continua espansione ed esportati in un’infinità  di paesi – più di 200 le traduzioni in corso. 
La quantità  è data dal «tempo di lavoro» dedicato da Gonà§alo M. Tavares alla scrittura. Quanto alla qualità  dei suoi manufatti letterari, il segreto risiede probabilmente nel processo di trasformazione cui sono sottoposti i suoi personaggi, uomini, occidentali, costretti, per mutate condizioni fisiche più che culturali, a variare i parametri di giudizio sul mondo o, a dir meglio, a rivedere i loro «sistemi» di costruzione/comprensione del mondo. Che ciò accada per reazione o evoluzione interna al proprio sistema, per l’esogena aggressione di altri sistemi o per la semplice assunzione di qualche «droga» consentita (l’assenzio per quanto riguarda O Senhor Henry), è l’alterazione del loro corpo, dei sensi, della vista come del tatto, che determina oltre a una loro ricollocazione nel mondo, anche la necessaria ricalibratura del proprio «punto di vista» sul mondo.
Mondi che possono assumere la forma di microcosmi personali o di macrocosmi infiniti, paralleli, o che rischiano addirittura di sovrapporsi, in quanto per natura e necessità  illusori, creati dalla «ragione», dalla tecnica che ama misurare, catalogare, sistematizzare logicamente la realtà , per la paura di non dominarla, per ordinarla e stabilire così gradi, stadi e gerarchie di civiltà . Il processo viene presentato in modo ironico, paradossale, stilisticamente privo di ostentazioni erudite, ma il know-how che vi soggiace indica un dominio di buona parte della filosofia contemporanea e, caso piuttosto anomalo in ambito lusitano, un costante riferimento alla letteratura tedesca più che alle glorie patrie. 
In Italia, dell’impressionante produzione globale di Gonà§alo M. Tavares che comprende Investigaà§àµes (investigazioni) più «scientifiche» o raccolte di note brevi su molteplici argomenti, si comincia almeno ad avere un’idea delle due serie più gradite al pubblico e che vanno rispettivamente sotto il nome di O Bairro (Il Quartiere) e O Reino (Il Regno). Dei tanti nomi noti che popolano il fantasioso Bairro dello scrittore portoghese, le storie e le riflessioni del Senhor Calvino e del Senhor Valery sono già  state tradotte per le edizioni Guanda, che hanno pubblicato anche Jerusalém, uno dei cadernos pretos che appartiene all’altra serie.
Imparare a pregare nell’era della tecnica. La posizione nel mondo di Lenz Buchmann (traduzione di Roberto Francavilla, Feltrinelli, pp. 273, euro 17) è l’ultimo quaderno nero pubblicato da Gonà§alo M. Tavares, il quarto romanzo che conclude la serie O Reino. Il quartiere, come rifletteva a posteriori lo stesso autore, era stato concepito e veniva in effetti vissuto come un luogo di sicurezza nel quale ci si sentiva protetti, mentre il regno, la città , è qualcosa di più esteso, sconosciuto, pericoloso. La realtà , in corso d’opera, ha attenuato le differenze e le paure si sono infiltrate anche nei quartieri, cominciando a minare la socialità  e la tranquillità  delle persone, insicure, diffidenti, come se vivessero in un Regno. D’altro lato il Regno, per chi lo domina o per chi lo crea, è uno spazio politico, personale, simbolico, nel quale per competenza professionale, culturale, passionale, ci si sente sovrani, padroni di sé, quasi immortali.
Anche biologicamente, le scienze naturali dividono il mondo dei viventi e dei non viventi in tre regni e l’animale uomo, più delle pietre o delle piante, si è sempre distinto nel volerli governare e nel difendere il suo Regno grazie al supporto di una superiorità  dovuta alla sua Scienza, alla sua Tecnica, insomma, alla sua capacità  di fare. Chi nel Regno umano, per fame o per paura, sia un mendicante o un malato, non ha né volontà  né forza per fare, deve solo sperare nella bontà  del prossimo o nella capacità  tecnica di un buon medico oppure, come extrema ratio appunto, imparare a pregare. 
Lenz Buchmann, per tradizione familiare e per essersi applicato fin dall’adolescenza a comprendere come funziona il sistema-mondo, o meglio i sistemi che a suo modo di vedere si scontrano nel mondo, ha elaborato una sua peculiare Weltanschauung. È un chirurgo e la mano destra con la quale guida il bisturi decide della vita e della morte di molti incapaci. È consapevole del suo potere, e quando i familiari di qualche malato lo ringraziano per aver salvato il loro congiunto, definendolo un uomo buono e sperando così di renderlo felice, lui, con tono di sufficienza, li corregge: «Sono un medico». Non è il suo buon cuore, è la sua mano ferma e precisa che dovrebbero ringraziare, è dinanzi alla sua scienza millimetrica che si dovrebbero inginocchiare.
Ecce homo, ecce homo faber di Gonà§alo M. Tavares nell’era della tecnica. Un uomo che caccia come i «primitivi», ma a differenza di questi gode del terrore che provano le sue prede, misurandone così il grado d’inferiorità  e la propensione alla sottomissione, autorizzato com’è dal suo superiore livello di cultura con il quale risistema i giusti e forti parametri di civiltà . Un’era infatti è qualcosa d’infinito anche per un uomo come Buchmann, oppure è solo l’eterno ritorno di un tempo di pace tra due guerre, un tempo dove imperversano «uomini senza qualità », una massa infiacchita dall’inoperosità , priva di slancio vitale perché privata dei propri generali e soprattutto di un nemico. Lenz Buchmann non dimenticando la lezione del padre militare e in mancanza di un conflitto reale, vista la sua posizione di chirurgo esprime la sua volontà  di potenza contro il sistema della Natura, contro la malattia che si infiltra nei corpi sani e che solo la sua «tecnica» può fronteggiare. I malati, per lui, sono disertori, incapaci di difendere il proprio corpo attaccato dalla malattia, deboli di Spirito, armati solo di quello Santo che in questi casi non aiuta. 
Lui invece ha la Forza per salvarli come per sottometterli, ma nel ruolo di chirurgo si tratta di poche anime, la medicina è quasi una gaia scienza se confrontata al rispetto e al timore che suscita un politico, alla forza di un Partito che può decidere della sorte di una città , di un Regno. Il talento politico risiede nel capire cosa vogliono le masse, o meglio di cosa hanno paura le masse, e in questa tecnica il chirurgo è un grande esperto. Entrando nel Partito riuscirà  a proteggere l’intero Regno e le «infantili» masse, saprà  dargli sicurezza, e se in tempo di pace la paura è poca, sarà  conveniente a fini elettorali, e con la Forza del Partito, alimentarla. 
La storia di Lenz Buchmann è divisa in tre parti: Forza, Malattia, Morte. La prima parte occupa due terzi del romanzo e la sua mano da chirurgo e da politico sicuro di sé è ferma e precisa, poi l’attacco della Natura la renderà  tremolante e anche il rispetto dei suoi concittadini, dei suoi elettori, dei suoi malati non sarà  più lo stesso e allora la sua posizione nel mondo cambierà . Per la sua posizione sul mondo, nell’era dei tecnici, vale quanto propedeuticamente suggeriva Gonà§alo M. Tavares in una delle sue Breves Notas sobre Ciàªncia, un anno prima della pubblicazione di Imparare a pregare nell’era della tecnica: «L’evidente è ciò che è più forte di noi./Attenti, non si tratta di verità  o menzogna, di provato o non provato, si tratta di forza o debolezza./Se sostituissimo l’espressione – Questo è evidente!- con – Questo è forte! -/ si capirebbe meglio il senso profondo della prima espressione./Le evidenze scientifiche permangono finché ciò che le circonda è debole.»


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