Gara a chi preme di più

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Angela Merkel manda a Atene i suoi rallegramenti per l’approvazione parlamentare dell’ennesima tornata di atroci tagli, mentre nel centro della città  bruciavano banche e negozi incendiati per protesta. La cancelliera non si è scomodata di persona, ma ha esternato compiacimento tramite il portavoce Steffen Seibert: «Queste decisioni attestano la volontà  e la disponibilità  dei greci a assumersi in proprio grandi oneri, anche duri sacrifici, per rimettere in carreggiata il loro paese». Non si tratta, ha proseguito Seibert, «di risparmi fine a se stessi, ma di riforme in tutti i campi politici: Le rigide strutture dell’economia greca e del mercato del lavoro vanno cambiate per liberare forze produttive. Passo dopo passo ciò consentirà  di riacquistare spazi di manovra finanziaria, per creare posti lavoro e crescita».
Sembra di sentire un disco che ripete sempre lo stesso ritornello: più «flessibilità », e tutto andrà  nel migliore dei modi. La cancelliera non ha nemmeno bisogno di istruire volta per volta il portavoce su quello che dovrà  dire: basta che Seibert prema un bottone della sua memoria automatica.
A ricordare da Bruxelles che Atene non ha ancora fatto tutti i compiti, ci ha pensato il commissario europeo Olli Rehn. Il voto del parlamento greco è solo «un primo passo». Ma per sbloccare il secondo pacchetto di crediti di 130 miliardi di euro occorrono ulteriori risparmi per 325 milioni e un impegno, «assunto per scritto» dai maggiori partiti greci, a proseguire il programma di consolidamento nella prossima legislatura. Queste due condizioni vanno esaudite prima della riunione dei ministri delle finanze a Bruxelles mercoledì prossimo. 
Anche a Berlino, al di là  del compiacimento espresso dalla cancelleria, è stato Philipp Rà¶sler, ministro delle finanze e presidente del partito liberale Fdp, a mettere i puntini sulle i. Rà¶sler ha insistito su una «rapida realizzazione» del pacchetto di misure di risparmio: «Adesso vogliamo vedere cosa seguirà  agli atti legislativi». 
Certo è positivo che le leggi siano state approvate con una larga maggioranza. Ma le leggi vanno messe in atto, e gli effetti dovranno essere valutati dalla troika di ispettori del fondo monetario internazionale, della banca centrale europea e della commissione. 
Anche Horst Seehofer, presidente dei cristiano-sociali e primo ministro bavarese, gonfia il petto con proclami sul rigore altrui. E mette in chiaro che l’importo di 211 miliardi di euro, per cui la Germania si è assunta l’impegno di garantire i fondi salvaeuro, è «un tetto massimo isuperabile».
Seehofer ha tirato fuori dal cappello anche la sorprendente proposta di consultare in futuro i cittadini tedeschi, con appositi referendum, sull’opportunità  di impegnare il bilancio della Rft in programmi di sostegno finanziario o in meccanismi di stabilità  valutaria. 
La proposta è priva di conseguenze pratiche immediate perché, nonostante la costituzione preveda la possibilità  di referendum, mai i partiti tedeschi si sono risolti a formulare una legge applicativa. Ma quel che stupisce è la sfacciataggine del bavarese. Non è stata proprio Merkel, insieme a Sarkozy, a gettare alte grida di scandalo quando l’ex premier greco Papandreu propose di consultare i cittadini con un referendum sul programma di austerità ? Non lo costrinsero a rimangiarsi quel proposito «irresponsabile», che avrebbe messo in forse gli impegni assunti con gli altri governi europei? E adesso, il diritto a tenere referendum, negato ai cittadini-debitori greci, va assicurato ai cittadini-creditori tedeschi?
Il tira e molla sui referendum la dice lunga sulla schizofrenia della Germania, pronta a chiedere limitazioni alla sovranità  di bilancio altrui. Pronta d’altra parte a rivendicare, fino alla corte di giustizia dell’Aia, la propria «immunità » se qualcuno osa chiedere conto, davanti ai tribunali italiani, di quella quota del «debito sovrano» tedesco contratta non coi «mercati», ma con l’umanità  ferita dalle stragi e dalle deportazioni del Reich tedesco, in Italia e in Grecia. 
All’Aia si discuteva anche delle pretese dei familiari delle vittime della strage di Distomo: la Germania è riuscita a farle dichiarare inagibili in Italia.


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