Fumata nera sull’articolo 18 L’Ue: troppe diseguaglianze

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ROMA — I tempi sono sempre più stretti e anche la strada, che il ministro del lavoro Elsa Fornero nei giorni scorsi aveva definito con ottimismo «molto larga», si sta rimpicciolendo. Ieri tra industriali e sindacati è andata in onda l’ennesima fumata nera per chi immaginava potesse uscire una sorta di pre-accordo, anche senza documento. A questo punto però, proprio perché finora si è girato a vuoto, le parti sociali vogliono cominciare una trattativa vera, e oggi incalzeranno il governo affinché scopra le carte. Quando ciò avverrà  si potrebbe però scoprire che negli ultimi giorni alcuni elementi hanno rafforzato l’ala decisionista di Palazzo Chigi per arrivare a stringere con modifiche strutturali sull’articolo 18. Il ritorno delle tensioni sui mercati finanziari con lo spread che non accenna a scendere sotto i 368 punti può avere anche una ragionevole spiegazione con i problemi sull’articolo 18, che pure era indicato nella lettera-richiesta della Bce nell’agosto scorso.
L’intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che l’altro giorno ha invitato tutti al senso di responsabilità  per fare un «intervento efficace». Il premier Mario Monti, che nuovamente ha ammonito il sindacato che il governo procederà  da solo. E oggi non è sfuggito a nessuno il tono con cui la Commissione europea ha presentato l’arrivo in Italia del team antidisoccupazione: «Troppe disuguaglianze, troppa flessibilità  per i giovani, troppe garanzie per gli adulti». A leggere bene queste parole significa che la riforma dell’articolo 18 dovrebbe intervenire, secondo Bruxelles, non solo sui contratti futuri. 
Proprio perché il quadro è confuso, nell’incontro di ieri sera, nonostante le molte divergenze, sindacati e imprese su un punto hanno convenuto: chiedere con forza al governo che si apra una vera trattativa. Toccherà  al presidente dei banchieri italiani (Abi) Giuseppe Mussari presentare questa richiesta oggi a Palazzo Chigi, a nome di tutte le parti sociali.
Soprattutto i sindacati sono in ansia rispetto alle decisioni che potrebbe prendere il governo. Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, partecipando ieri mattina alla presentazione dell’Annuario del lavoro 2011, è stato chiarissimo: «Sull’articolo 18 il governo ora ha la copertura anche di Napolitano e quindi interverrà ». In questa logica di accerchiamento, dove non secondarie appaiono anche le divisioni tra gli imprenditori, il viceministro del Lavoro Michel Martone ieri è uscito dal cono d’ombra imposto dal ministro Fornero mandando un paio di messaggi per nulla secondari. Sempre in zona 18. Primo: «Attenzione a non seguire l’esempio della Spagna, dove il governo è intervenuto in modo unilaterale e ora ci sono forti disagi sociali». Due: «Se passano le riforme e gli spread calano, dalle pensioni arrivano 14 miliardi di risparmi che potrebbero in parte essere usati per finanziare i nuovi ammortizzatori sociali, ma questo è possibile solo con progetti condivisi».
Ma tali progetti, allo stato, sono lontani. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, ieri ha confermato la sua indisponibilità  a «qualsiasi sospensione dell’articolo 18», smentendo ancora una volta le indiscrezioni — che lei ha definito «menzogne» — di stampa che la davano protagonista di una intesa segreta con il premier Mario Monti. Eppure qualcosa a sinistra sta accadendo. Il responsabile economico e del lavoro del Pd Stefano Fassina ha aperto a una modifica dell’articolo 18 sposando la proposta di Bonanni per infilare i licenziamenti per motivi economici (anche individuali) nell’alveo della legge 223, che non prevede il reintegro ma solo una indennità  fino a un massimo di due anni.
E poi c’è il movimento tellurico innescato dalla Fiom di Maurizio Landini, che ieri ha proclamato lo sciopero generale per il 9 di marzo proprio quando il negoziato sarà  nella fase conclusiva. Uno sciopero che condizionerà  non poco le future decisioni di Camusso. Che si troverà  a un bivio: cavalcare la protesta o gestirla evitando l’isolamento della Cgil. Ma dipenderà  anche dalle decisioni finali del governo.


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