Fornero: riforma anche senza intesa
ROMA — Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, accelera sulla riforma del mercato del lavoro e ieri, al secondoround dopo la falsa partenza dell’altro lunedì, avverte le parti sociali che il governo è «determinato a realizzare una riforma incisiva nel giro di due tre settimane». Insomma sì al dialogo, ma se non c’è intesa l’esecutivo procederà da solo. Un messaggio e una sfida ripetuti più volte, anche se declinati con diverse toni, durante la «tre ore» con imprenditori e sindacati nella sala Verde di Palazzo Chigi.
Sull’articolo 18, forte dell’endorsement lanciato dal premier Mario Monti a Matrix, Fornero è stata sufficientemente chiara: «Non ne abbiamo chiesta l’eliminazione, né l’abbiamo difeso così com’è, valuteremo quali sono gli strumenti più appropriati per aumentare l’occupazione». E tra questi ha riproposto l’introduzione dell’arbitrato, un meccanismo già normato dall’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, poi naufragato nell’iter in Parlamento, inviso alla Cgil. Proprio Sacconi, ieri sera, era nella delegazione, guidata dal segretario del Pdl, Angelino Alfano, che ha incontrato Monti, per esprimergli «piena adesione» sulla politica economica, chiedendogli di «andare deciso sul lavoro come sulle liberalizzazioni».
Nel merito della trattativa, Fornero ha fatto un passo indietro, abbandonando l’idea di abolire la cassa integrazione (però ha parlato di «riordino degli ammortizzatori sociali»), ed è venuta incontro alle richieste sindacali convenendo di puntare sull’apprendistato come contratto per favorire l’occupazione e la formazione dei giovani. La novità sta su una eventuale modifica dell’articolo 18, che per Fornero andrebbe fatta sostituendo al reintegro dei lavoratori, nei casi di crisi aziendali per motivi economici, un’indennità di licenziamento. La proposta è stata fatta nella sala Verde e spiegata al Gr Parlamento ma nel comunicato del ministero è sfumata in un meno ostile «contrasto alla precarietà facendo ricorso a flessibilità buona contro quella cattiva». Uno schema di intervento gradito alla Confindustria. La presidente, Emma Marcegaglia, si è trovata d’accordo sia sulla riforma, anche senza intesa, sia sull’abolizione del reintegro in tutti i casi di licenziamento non discriminatorio, che Confindustria aveva già sostenuto negli incontri informali col governo.
Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, sull’articolo 18 ha risposto pacatamente, ripetendo che «non è il vero problema per creare occupazione». Sul punto il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha detto che «si può innovare anche senza toccare l’articolo 18». Camusso poi si è detta «cautamente ottimista» sull’esito del negoziato: «Il governo a nostra domanda — ha precisato — ha risposto che lavora per fare l’accordo, noi partiamo da qui, sarà un problema loro spiegare se invece cambiano idea». Sulla velocità del negoziato la Cgil non si tira indietro: «Siamo pronti a chiudere anche domani mattina, siamo preparati e in tanti, non abbiamo problemi». Stessa linea del segretario generale della Uil, Luigi Angeletti: «Siamo più veloci del governo». Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, invita l’esecutivo a «una maggiore cautela sulla flessibilità in uscita, siamo in una fase delicata». Per Bonanni il rischio è «un effetto devastante sulla gente». Rete imprese Italia, guidata da Marco Venturi, ha ribadito che «occorre garantire la flessibilità in entrata e uscita per le Pmi ed evitare interventi di aggravio per le imprese sotto i 15 dipendenti».
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