Fino alle canzoni Da Ronsard a Brassens quando vincono i poteri leggeri

by Editore | 17 Febbraio 2012 7:46

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Lamentava Ronsard nei Sonetti a Hélène che nulla può lo charme in amore: meglio essere “giovani e ricchi”. È il 1578, charme è la malìa d’amore. Negromanti e fattucchiere lanciano sortilegi mediante cantilene e formule ritmate; dal latino carmen, canto, nasce a inizio del trascorso millennio la parola francese charme; simile al nostro incanto, incantesimo, da canere: ma con un destino più fortunato. Appena il potere magico si attenua in seduzione, appunto all’epoca di Ronsard, inizia il cammino trionfale della parola. 
Dolce Francia! Lo charme non è attributo esclusivo delle donne. Il Prince charmant risveglia le belle addormentate: e non nelle fiabe di Perrault, non nei fratelli Grimm, ma per mano di una donna, l’intraprendente Madame d’Alnoy, che, malmaritata a un signore di trent’anni più anziano, si era adoperata per farlo fuori, con l’aiuto di un amante, amante della madre. Fu lei a inventare la formula Roi charmant. Prince charming in inglese: ma si sa, in Spagna e in Italia il Principe è Azzurro, ha il sangre azùl – le vene aristocratiche disegnano venature blu sulla pelle candida di chi non lavora al sole…. «Mostrami che sei bello / Prince Charming Prince Charming/ Ridicule is nothing to be scared», canta però oggi Adam Ant: nessuna paura del ridicolo, anche un maschio può mostrarsi bello – è finita per l’uomo che predilige basare le sue sorti in amore sui soldi e il rango piuttosto che sugli incerti del fascino. 
Ecco dunque lo charme prendere sempre più le distanze dal mondo materiale del profitto. «Charme» è «il potere di operare senza impiegare la forza bruta: è indispensabile alle donne»: così ragiona lo psicologo Havelock Ellis. Meglio ancora se l’attrattiva opera a distanza: «C’è uno charme fatto solo per essere ammirato da lontano» (Samuel Johnson). È fascino disinteressato: professa «il grande charme di chi non cerca di piacere» Christian Bobin, nella Femme à  venir. È fascino imprendibile: «un uomo dallo charme così ovvio e esemplare deve essere un bugiardo» (Anita Brookner); enigmatico: «Il grande charme delle donne è il loro mistero; mentono perché non le si comprenda» (Marcel Achard); restìo alle definizioni: «Marlene possiede l’ambiguo charme delle donne di oggi; l’uomo non è solo attorno a lei, ma dentro di lei», nota la collega Hanna Schygulla. Una magia così raffinata rifugge ovviamente dalla riproducibilità  cara alla società  di massa e dei consumi: «la tua minima recidiva abolirebbe lo charme», canta Brassens; e nel secolo libertino il Figaro di Beaumarchais già  esortava le donne a «rianimare con la varietà  lo charme», che è esclusivamente legato alla prima volta del possesso. Perfino una lieve depressione è compatibile con lo chic antimoderno: «Sii bella! E sii triste! Il pianto / aggiunge al viso un suo charme/ come il fiume al paesaggio» (Charles Baudelaire). 
Come per il tempo e le persone, anche lo charme dei luoghi infatti è legato all’intempestività . «Quello che fa lo charme del nostro paese – a parte beninteso il fatto che è poco popolato, malgrado l’impossibilità  di procurarcisi il minimo preservativo – è che tutto è in abbandono», scrive in Primo amore l’irlandese Samuel Beckett. In società , ci si compiace in charmed circle – il gruppo attorno a Gertrude Stein, o quello di Bloomsbury. Il raffinato Aldous Huxley riteneva che anche la Storia può avere classe: «Lo charme della storia consiste nel fatto che, da un’età  all’altra, nulla cambia, e però tutto è completamente differente». L’Occidente in stato di crisi può operare un esorcismo (charme, appunto) per ritrovare il piacere dell’eleganza – e magari ricominciare a venderlo al mondo intero.

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