Farmaci contraffatti letali: allarme nel sud del mondo

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ROMA – Nei Paesi del sud del mondo c’è un allarmante aumento dei sequestri di carichi di farmaci contraffatti e spesso medicinali di cattiva qualità  provocano incidenti mortali a pazienti anche giovanissimi. Lo hanno ricordato i medici e gli esperti che hanno partecipato ieri alla Giornata di Studio “Il problema dei farmaci substandard e contraffatti: la situazione internazionale, il ruolo dell’Italia”, promossa a Roma dalla Società  Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità  (Iss). I partecipanti al convegno si sono ritrovati d’accordo nel ribadire che, per contrastare il fenomeno, non bastano iniziative che coinvolgano le dogane per limitare la contraffazione, ma servono interventi che rafforzino le Autorità  nazionali del farmaco dei Paesi poveri.

Una crescita esponenziale dei sequestri di farmaci contraffatti e substandard (di cattiva qualità ) dal 2003 al 2010, con oltre la metà  dei carichi sequestrati che superano le 1000 confezioni. Sono i dati forniti dal dottor Emanuele Nicastri, dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Nicastri ha spiegato che il fenomeno è concentrato quasi esclusivamente nel sud del mondo, che i farmaci maggiormente contraffatti sono gli antibiotici, ma c’è anche una preoccupante crescita delle creme cosmetiche schiarenti, prodotte nel nord del mondo, esportate al sud e successivamente in parte re-importate per essere vendute agli immigrati. “Si tratta di un grave problema nei Paesi poveri, che non può essere più ignorato”, ha detto l’infettivologo dello Spallanzani. A causarlo, secondo Nicastri, sono principalmente quattro elementi: povertà , lacune di legge, facile accesso al web e depenalizzazione o pene lievi per i reati di contraffazione che facilitano la criminalità  organizzata. Le conseguenze sono “fallimenti terapeutici, creazione di resistenze ai farmaci e perdita di credibilità  per le autorità  sanitarie dei Paesi”. Per questo, afferma Nicastri, “sono necessari interventi multidisciplinari, nei campi legislativo, giudiziario, nella regolazione del farmaco”, anche attraverso attività  di cooperazione internazionale.

Raffaella Ravinetto, ex presidente di Medici Senza Frontiere Italia e Direttore del Clinical Trial Unit dell’Istituto per la Medicina Tropicale di Anversa, ha sottolineato l’importanza di non confondere tra farmaci contraffatti e substandard (di cattiva qualità ) che spesso non coincidono. Il farmaco contraffatto è infatti definito dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità ) come irregolare a livello di brand, mentre il medicinale di cattiva qualità  e quindi pericoloso può anche essere regolarmente registrato. Ravinetto ha espresso l’urgenza di investire nelle autorità  regolatorie del farmaco nei Paesi in via di sviluppo: “Se in Francia l’autorità  nazionale del farmaco può conatare su 900 impiegati, in Malawi vi lavorano solo 6 persone”. “In conseguenza di questo, spiega Ravinetto, accade che fabbricanti di farmaci, anche nei Paesi del nord del mondo, consapevoli degli scarsi controlli, investino meno in qualità  per i farmaci che saranno inviati in Congo, rispetto a quelli che esporteranno negli Usa”.

Per Ravinetto sarebbe più utile utilizzare il concetto di “farmaco di cattiva qualità “, perchè altrimenti “si rischia di concentrare tutte le risorse nella lotta alla contraffazione, aiutando solo marginalmente nel contrasto ai farmaci pericolosi nei Paesi in via di sviluppo”. Mentre “è fondamentale fare investimenti sulle strutture dei Paesi che possano realizzare test e analisi sui farmaci messi in commercio”, di modo che “non accada più che un bambino muoia per un farmaco tossico o sottodosato, che può anche non essere contraffatto”. (Ludovica Jona) 

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