Facebook, se la nostra vita è quotata in Borsa

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Gli analisti ritengono che verranno messe in vendita azioni per un valore complessivo di 10 miliardi di dollari, una valutazione monster se consideriamo che nella storia sono state soltanto 13 le compagnie in grado di vedere coperta un’offerta iniziale così elevata nel momento in cui hanno deciso di quotarsi per la prima volta sul mercato. Nato nel 2004 per merito della mente di Mark Zuckerberg, all’epoca studente diciannovenne presso l’università  di Harvard, nel giro di 8 anni, Facebook ha raggiunto una dimensione mondiale testimoniata da numeri surreali: quasi 845 milioni di utenti che, come rileva The Economist, ne fanno la terza “nazione” al mondo per numero di abitanti (dietro solo a Cina e India); 483 milioni di utenti attivi al giorno; una probabile capitalizzazione di mercato che si aggira tra i 90 e i 100 miliardi di dollari; 3,711 miliardi di entrate nel 2011 (1,974 miliardi di dollari nel 2010) con utile netto di 1 miliardo di dollari (606 milioni di dollari nel 2010).

Dal punto di vista finanziario, questi numeri fanno girare la testa. Ma nel documento S-1 c’erano anche numeri che facevano riflettere, in particolare un’infografica suddivisa in quattro quadranti che di Facebook danno la cifra in termini sociali e umani: 2,7 miliardi di “Mi piace” e di commenti giornalieri; 250 milioni di foto caricate ogni giorno; 100 miliardi di “amicizie” che intercorrono tra i suoi 845 milioni di utenti.

Queste quattro informazioni sono il vero capitale del social network creato da Zuckerberg. Il valore economico-finanziario di Facebook sono una conseguenza del suo successo sociale. È popolare, semplice, ci permette di usare il web diventandone protagonisti e ci permette di avere a disposizione uno strumento di comunicazione non a pagamento (“È gratis e lo sarà  sempre.” è la promessa che troverete sulla sua homepage). Il più grande social network al mondo è considerato un ottimo investimento per la quantità  enorme di relazioni sociali che è capace di mettere in atto. Tutto il resto, vale a dire entrate, ricavi, numero di investitori non sono che una semplice conseguenza di un fenomeno prima ancora sociale che economico.

Detto ciò, possiamo affermare che Facebook fa i soldi con le nostre vite. È un po’ estrema come affermazione, ma nella sostanza è così. Quella che si avvia ad essere la più rilevante IPO per le società  attive nel settore del web (pensate che il precedente record appartiene niente poco di meno che a Google che nel 2004 lanciò un’offerta pubblica iniziale di “soli” 1,9 miliardi di dollari) venderà  azioni delle nostre vite, costituite da idee e pareri (commenti o “post”), foto e video personali. Si sta verificando un mutamento dell’economia che diventa sempre più astratta e contemporaneamente più reale. È paradossale ma è così. I 250 milioni di foto caricati ogni giorno su Facebook sono materialmente niente altro che files, cioè contenitori di informazione digitalizzata le cui informazioni codificate al loro interno sono leggibili attraverso dei software. Ma sono allo stesso tempo ricordi, momenti reali della nostra vita che assumono un valore finanziario nella misura in cui vengono comunicati, condivisi, socializzati sulle piattaforme web di social networking.

Lo sbarco in borsa di Facebook ci pone dinanzi ad una serie di scenari. Il primo riguardala nostra concezione di privacy. Siamo disposti ad accettare l’utilizzo del nostro patrimonio intellettuale ed emotivo da parte di terzi in cambio della possibilità  che ci è data di promuovere le nostre idee all’interno della comunità  di un social network? Il secondo scenario riguarda, invece, il mutamento che il social network presumibilmente subirà  per venire incontro alle esigenze degli investitori.

Al momento è difficile capire comunque quanto il nostro rapporto con Facebook potrà  essere influenzato dalla presentazione di questa IPO, ma è verosimile che una volta in borsa, la società : a) sperimenterà  dei nuovi sistemi per gli annunci pubblicitari, mettendo in pratica politiche più invasive che andranno a sfruttare alcune informazioni presenti nei profili per rendere le pubblicità  più attinenti agli interessi dei diversi utenti o rendere più permeabili i profili personali dall’esterno del social network; b) riguardo il capitolo delle acquisizioni, per rafforzare la sua posizione di mercato si servirà  delle risorse ottenute dalla vendita delle azioni per integrarsi ulteriormente con la tecnologia mobile (non è un caso che a fine 2012 verrà  lanciato il Facebook-fonino, assemblato da HTC); c)dovrà  trovare il giusto punto di equilibrio tra l’interesse degli azionisti e la sua natura innovativa. La capacità  di produrre nuove idee avrà  infatti a che fare con un grande azionariato che mirando ai propri interessi chiederà  risultati sempre crescenti e, se possibile, nel breve periodo.

Si tratta di conseguenze che incideranno senz’altro sul nostro stile di vita e sulla nostra percezione di privacy, producendo un trade-off tra necessità  di apparire e comunicare da una parte e diritto di vedere preservata la nostra intimità  dall’altra. Quanto siamo disposti a rinunciare a parte della prima in favore della seconda e viceversa? Qual è il punto di equilibrio ottimale? Inoltre queste considerazioni non riguardano soltanto Facebook ma valgono per tutto il mondo dei social media e dei social network che sta modificando in modo lento ma radicale il web, una volta utile per interfacciare le persone con dei portali che conferivano dati e informazioni, mentre oggi la necessità  è interfacciare tra di loro le persone in modo che le informazioni utili emergano senza controlli e si diffondano in modo virale.

Il diritto che Facebook ha nell’utilizzare i nostri ricordi e gli spaccati della nostra esistenza per dare un valore finanziario alla sue azioni in borsa non è altro che l’occasione per riflettere sul nostro mutato rapporto con il web che punta sempre più sulla valorizzazione delle relazioni. La legittima aspirazione a veder preservata la privacy “combatte” con la capacità  che ognuno di noi ha, in quanto portatori di esperienze, di produrre innovazione e benessere per tutti. Guardiamo, ad esempio, aOpenIdeo, una piattaforma costruita per il project management partecipato con il fine di produrre innovazione sociale. Senza l’esistenza di Youtube, di Facebook e dei social network in generale, questo strumento non sarebbe potuto neanche essere concepito perchè si basa principalmente sulle capacità  relazionali delle persone.

Capire come sovrapporre i diversi scenari in modo che ognuno di questi dia un contributo a realizzare un futuro dove il diritto alla privacy sia equilibrato dalle potenzialità  in termini di innovazione e di valorizzazione della sfera relazionale delle persone, offerte dai social network, è la sfida posta dallo sbarco in borsa di Facebook che ha avuto, ed ha, un merito indiscutibile e cioè quello di aver insegnato chel’umanità  può essere connessa e relazionarsi senza che un’autorità  decida il come, il quando o il perchè. È uno spazio di libertà  che dobbiamo soltanto imparare a conoscere.


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