Eternit, il giallo delle vittime dimenticate
TORINO – Erano in aula, hanno atteso per tre ore la lettura della sentenza, ma alla fine dal tribunale sono usciti «a mani vuote» e senza un perché. A tre giorni dagli applausi per la storica condanna dei manager dell’Eternit a 16 anni di carcere, quasi la metà dei familiari delle vittime dell’amianto ora prova rabbia e amarezza, interpella gli avvocati, si riunisce per capire cosa fare: sono i “fantasmi” della sentenza, centinaia di persone il cui nome e cognome non compare nell’elenco di chi ha diritto al risarcimento, e che ora sospetta una disparità di trattamento. Gente che ha perso il fratello, un figlio o un marito per colpa dell’amianto esattamente come nella famiglia del vicino di casa, ma che è stata “inspiegabilmente” esclusa o dimenticata. Non si tratta delle vittime di Bagnoli o Rubiera, per le quali la prescrizione è stata indicata. Sono scomparsi familiari ed ex operai di Casale Monferrato e Cavagnolo. Il numero eccezionale delle parti civili del resto porta la conseguenza, secondo gli avvocati, di qualche svista ed errore.
«Finora abbiamo contato almeno 700 persone sparite senza ragione – ha spiegato Nicola Pondrano della Camera del Lavoro di Casale – ci sono parti mancanti di famiglie, vedove con un figlio risarcito e l’altro no: la gente è imbufalita, è un bombardamento di telefonate». È il caso ad esempio dell’insegnante Antonietta B.: a differenza di suo figlio minorenne (uno dei probabili dimenticati), solo lei avrà diritto a una provvisionale per il marito morto nel 2001. Una situazione paradossale, visto che il polverino utilizzato dal suocero per lastricare il cortile di casa alla fine degli anni ‘60 aveva poi sterminato l’intera famiglia, causando il mesotelioma anche alle due sorelle. Eppure la nipote, minorenne come suo figlio, potrà avere il risarcimento. «È un’ingiustizia – commenta – lui ha diritto ad avere dei soldi come sua cugina che ha perso la madre nello stesso modo e per la stessa malattia».
«Che ci siano errori è certo e chiederemo la correzione – dice l’avvocato di parte civile Sergio Bonetto – Assisto 500 famiglie di Casale e Cavagnolo: ci sono nomi storpiati e disparità . Il 20 per cento di loro è “sparito” dall’elenco, e solo il 18 per cento circa riceverà la provvisionale. Tutti gli altri non hanno l’indennizzo immediatamente esecutivo. Capire le ragioni al momento è un mistero, bisogna attendere le motivazioni». Tra gli errori palesi, del resto, c’è persino il nome di uno dei due condannati: il barone belga si chiama infatti Louis De Cartier e non Jean Louis, che è invece suo figlio. «Ci sono stranezze come il fatto di citare a volte sì altre no come responsabili civili oltre all’imputato anche le aziende – ha invece spiegato l’avvocato Laura D’Amico – Ma, oltre all’errore, può essere che non sia stata raggiunta una prova certa o che siano state respinte domande con esposizioni molto risalenti nel tempo, o che siano state raggiunte transazioni».
Le parti civili ammesse al processo erano oltre 6000. Di queste, secondo la sentenza, 1897 potranno ottenere il risarcimento con un processo civile, circa 850 hanno ottenuto provvisionali tra i 30 e i 35mila euro. Per gli altri, secondo il giudice, la domanda è al momento respinta.
Intanto ieri il pm Raffaele Guariniello e il procuratore capo Giancarlo Caselli sono comparsi davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni per discutere della necessità di creare una procura nazionale per la sicurezza sul lavoro e di un intervento per modificare la norma che prevede la rotazione dei pm e lo smantellamento del pool che ha lavorato sui casi Thyssen ed Eternit.
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