E l’Italia entra ufficialmente in recessione

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Cifre fosche che tuttavia non sorprendono, semmai rendono lo scenario per il 2012 ancora più allarmante. «Siamo preoccupati del basso potenziale di crescita dell’Italia», ha ammesso ieri Olli Rehn, Commissario europeo per gli Affari economici, commentando i dati del nuovo rapporto sugli squilibri macroeconomici nell’Unione europea. 
Un rapporto – il primo da quando il meccanismo di “alert”, previsto dall’accordo “Six pack” di dicembre, è entrato in vigore – da cui emerge un Paese che cresce poco, con troppe debolezze strutturali, un debito pubblico molto alto, quote di export «ridotte del 20% da metà  degli anni ‘90» e una bilancia dei pagamenti «passata da un avanzo del 2% ad un disavanzo di 3,5% nel 2010». «Preoccupa il deterioramento costante della competitività », ha rimarcato Rehn, segnalando l’inserimento dell’Italia (che però, con la Spagna, «sta conducendo con grande determinazione le riforme strutturali») nel gruppo di 12 paesi europei a “rischio” e dunque “da rivedere”. Il campanello d’allarme sensibile a nuove instabilità  finanziarie – nelle intenzioni, uno strumento di prevenzione delle crisi “alla greca” – è suonato anche per Francia, Regno Unito, Svezia, Finlandia e Danimarca, oltre che per i più “scontati” Spagna, Belgio, Bulgaria, Cipro, Ungheria, Slovenia. In alcuni di questi, ha avvertito Rehn, sarebbe in atto una nuova bolla immobiliare (Svezia e Danimarca). Così, in attesa di passare l’esame europeo (per ora nessuna raccomandazione ufficiale dalla Commissione), da oggi i conti dell’Italia registrano l’ingresso nella recessione.


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