Due facce e due razze

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ATENE.  Le «due Grecie» festeggiano le ultime ore per motivi estremamente opposti. Papadimos e i resti di Nuova Democrazia e di Pasok festeggiano il «salvataggio del paese» per l’attesa luce verde dell’Eurogruppo al secondo pacchetto dei 130 miliardi, il taglio di 100 miliardi di debito dai bot greci nelle mani dei privati e la ricapitalizzazione delle banche a spese di lavoratori e pensionati. Nell’«altra Grecia» cresce invece la rabbia per il voto dell’Eurogruppo. E si animano le proteste fuori dai consolati e dalle ambasciate greche nel mondo e nelle piazze in diverse città  dell’Europa e in Nuova York, le iniziative di solidarietà  di sindaci italiani, politici ed economisti dalle due sponde dell’Atlantico, la denuncia della Confederazione dei Sindacati Tedeschi Dgb contro la politica che impone la Germania alla Grecia, le enormi manifestazione dei lavoratori in Spagna e gli scioperi generali annunciati dalla Ccgtp in Portogallo e della Fiom in Italia.
Atene annusa il vento che sta cambiando in Europa. Si è sentito nell’umore dei cortei e nelle manifestazioni degli ultimi giorni. «Atene, Madrid e Lisbona, tutta l’Europa nella strada delle lotte», «Grecia, Spagna e Portogallo, tutta l’Europa diventerà  una piazza», «dalla Grecia fino alla Germania, il nemico si trova nelle banche e nei ministeri» sono diventati dei slogan preferiti ad Atene, Salonicco, Patrasso, Erakleio.
Cambia solo la visione e l’interpretazione delle lotte. Tra chi crede che l’Europa vincerà  la sua terza guerra contro la Germania, come ha detto il celebre cineasta Costa Gavras da Parigi, e tra chi è già  sicuro che siamo all’inizio della fine dell’incubo neoliberista. Nei sondaggi seguiti al voto del secondo Memorandum in parlamento, da una parte resta forte l’attaccamento dei greci all’euro, dall’altra fa paura a una parte del paese il forte aumento delle sinistre. La possibilità  di elezioni anticipate ad aprile ha cominciato a delineare il quadro dello scontro politico. Chi vota i partiti di sinistra rischia di distruggere il paese perché andranno via i capitali, gli investitori e le imprese, strillano da giorni presentatori e giornalisti al soldo dei banchieri, costruttori e armatori.
Ma chi può avere «paura dei comunisti» di fronte alla macelleria sociale in atto? Con i nuovi tagli della finanziaria aggiuntiva che sarà  presenterà  al parlamento dopo la luce verde dell’Eurogruppo, il deficit arriverà  al 6,30% del Pib nel 2012, dal quasi 10% del 2011. Però anche con gli ultimi sacrifici – tagli di altri 3,3 miliardi al disavanzo primario e la forte recessione prevista – dimostreranno solo il disastro delle politiche che si applicano. Il governo della «troika» cerca di evitare il più possibile la discussione e le votazioni parlamentari. Cosi Papadimos dovrà  firmare la fine della democrazia con 79 decreti per imporre la politica decisa altrove.
Il nuovo taglio delle pensioni comincerà  in maggio. Quasi 930.000 pensionati perderanno in otto tranche di tagli fino al 20% della loro pensione e della pensione integrativa che ricevono oggi, dai 12 ai 204 euro al mese per la pensione e da 22,3 fino ai 200 euro per le pensioni integrative. Con gli ultimi tre tagli i pensionati perderanno tre mensilità  dalle dodici che ricevevano prima. Papadimos ha accordato anche un taglio del 3% per il personale di ogni ministero fino alla fine dell’anno. Quindicimila persone saranno buttate per strada ad ingrossare l’esercito di 1,3 milioni di disoccupati.
Il movimento di protesta cambia forme e contenuti dimostrando una enorme resistenza. La polizia ha disperso senza motivo domenica sera la pacifica manifestazione di piazza Syntagma, occupata dalle undici del mattino fino alle otto di sera da una marea di gente tra gli striscioni dei sindacati di Gsse e Adedy, quelli dei «sindacati di base», dei partiti di sinistra, delle assemblee popolari degli Indignati e delle centinaia di motociclisti che attraversavano Atene facendo il più rumore possibile.


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  Foto: Lettera43.it

Mercoledì 24 aprile migliaia di operai si sono recati, come sempre, presso una delle tante fabbriche tessili in cui lavoravano nel palazzo Rana Plaza a Dhaka, in Bangladesh nonostante il giorno prima fossero state notate grosse crepe nello stabile. Ora oltre 900 di questi lavoratori sono morti e più di mille sono rimasti feriti dopo che l’edificio di 9 piani è crollato intrappolandoli sotto tonnellate di macerie e di macchinari.

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