by Editore | 21 Febbraio 2012 10:56
Il Dragone poi, dipinto con i tradizionali colori rosso e giallo, sinuoso come i meandri dello Changjiang (il “lungo fiume”, in italiano chiamato “Fiume Azzurro”), potente come l’impero, è il simbolo stesso della Cina e della sua antica e moderna magnificenza. Quest’anno dovrebbe anche portare veloci cambiamenti politici: per coincidenza (o se qualcuno ci crede, per un segno astrale), nel 2012 ci sarà la nomina del nuovo Presidente in quattro dei cinque componenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Si voterà in Francia, negli Stati Uniti, in Russia (anche se il ritorno di Putin è scontato) e in Cina si procederà alla nomina di Xi Jinping, presidente designato che già ha presentato in queste settimane le sue credenziali in America e in Europa.
L’anno del Dragone però è l’occasione per affrontare il gravoso problema delle nascite che coinvolge gran parte dei paesi orientali escluso il Giappone, costantemente alle prese sia con la sovrappopolazione sia con gli squilibri demografici tra maschi e femmine, generati dalla politica cinese del figlio unico e dal tradizionale desiderio di avere figli maschi. Nei prossimi mesi moltissime coppie hanno messo “in cantiere” una nascita: ma come sempre accade quando parliamo di due miliardi di persone, il fenomeno presenta numeri impressionanti.
Scrive il sito Asianews[1]: “In Cina si prevede già un incremento del 5% nelle nascite – pur con i limiti pesanti del figlio-unico – e una crescita del 27% nelle vendite di pannolini. A Hong Kong il 70% delle famiglie vorrebbe un figlio quest’anno; simili percentuali in Corea, Giappone e Vietnam. A Taiwan e a Singapore ci si aspetta un incremento del 20-30% nei parti, in due Paesi che hanno fra i più bassi tassi di nascite al mondo (0,9 e 1,13)”.
Uno dei punti nevralgici di questa possibile esplosione di natalità è sicuramente Hong Kong, da anni meta delle donne incinte cinesi che per svariate ragioni vogliono partorire nelle isole del “porto dei profumi”, così come è chiamata in cinese l’ex colonia britannica. Hong Kong, secondo il principio “uno Stato, due sistemi”, gode di una legislazione e di una autonomia speciale rispetto al continente, uno statuto – non sancito chiaramente nel diritto ma radicato nella prassi e nelle consuetudini – che consente maggiore libertà ai cittadini (di associazione, di espressione e di stampa), e soprattutto non prevede la rigida applicazione della legge sul figlio unico.
L’emigrazione dalla madre patria fino all’arcipelago è stata contrastata con ogni mezzo dalle autorità di Hong Kong attraverso una politica che dai disincentivi economici è passata a una stretta sui visti fino a recenti episodi di vera propaganda al limite della discriminazione etnica o razziale: i “cinesi continentali” dipinti come “locuste” che si muovono a sciami, che mangiano negli autobus e nei parchi pubblici, che strepitano e che infine distruggono il delicato equilibrio di un territorio angusto e molto popolato. Sondaggi e analisi sono concordi nell’evidenziare un’accentuazione progressiva del senso di diversità tra i continentali e gli abitanti delle isole quasi che si creassero nei fatti due Cine.
Tuttavia nella Cina contemporanea con il denaro si può fare tutto[2] e così le facoltose famiglie cinesi (che ormai si contano a milioni) non disdegnano di spendere cifre esorbitanti per avere figli a Hong Kong: una condizione che permetterebbe loro il diritto alla residenza e quindi la possibilità di frequentare scuole di alto livello. Ancora Asianews riporta questa notizia[3]: “I posti dei reparti di maternità negli ospedali di Hong Kong sono tutti prenotati fino ad ottobre. Dopo solo un mese dal Capodanno lunare, vi sono migliaia di richieste di poter partorire entro i prossimi nove mesi. Ciò è dovuto alla fortuna dell’Anno del Dragone. (…)
Per frenare “il turismo dell’utero”, per quest’anno il governo del territorio ha stabilito che gli ospedali privati non offrano più di 3400 posti letto per persone non residenti. Lo scorso anno erano 10mila. Ma in tutto, le nascite di bambini da madri cinesi è stato di 31mila. In Hong Kong ogni anno nascono circa 90mila bambini.
Secondo il South China Morning Post, almeno due ospedali privati non hanno più posti liberi fino ad ottobre; altri otto ne hanno solo qualcuno. Ma anche gli ospedali pubblici sono ormai prenotati in pieno e non hanno altri posti letto disponibili per le madri non residenti.
Molte madri gestanti di Hong Kong temono che al momento di decidere per il parto in ospedale non vi sarà posto per loro. Allo stesso tempo, alcuni ostetrici temono che se le madri provenienti dalla Cina, non avendo posti begli ospedali, si decidano a qualche soluzione di emergenza, mettendo a rischio la loro vita e quella dei nascituri”. I numeri però parlano chiaro: nel 2010 il 37% dei bambini nati a Hong Kong erano figli di cinesi continentali.
Non si tratta di una questione di costume ma interessa in pieno la tutela o meno dei diritti civili che in alcuni casi diventano veri e propri diritti umani. Nelle scorse settimane le autorità sono passate all’azione arrestando e incriminando per violazione della legge sull’immigrazione una funzionaria di Hong Kong, Xu Li, rea di aver favorito l’ingresso nella città di numerose donne incinte che però non avevano i requisiti per l’ingresso. In futuro, come riporta il quotidiano China daily[4], si prevede un’ulteriore restrizione con controlli rafforzati alla “frontiera” e con la creazione di checkpoint.
Settimane fa si è svolta una marcia di donne incinte per protestare contro questa campagna di odio o di indifferenza, e pure si è creato un gruppo facebook per esprimere la propria opinione. Inutile dire che tutto ciò ha allarmato profondamente le autorità . Tuttavia Cina e Hong Kong non si potranno assolutamente separare[5]. In primo luogo per motivi politici: la Cina comunista, impegnata nella riunificazione con Taiwan, non può permettersi non diciamo di perdere Hong Kong ma nemmeno di incrinare ancora di più i rapporti, pena il sorgere di controversie internazionali. In secondo luogo l’arcipelago ha bisogno dell’immigrazione continentale in quanto, nel giro di pochi anni, si troverà in una grande carenza di lavoratori[6].
Insomma le frizioni continueranno. Spesso però questi scenari di crisi possono far scaturire novità rivoluzionarie. E che cosa più di una nascita nell’anno del Dragone ci può suggerire l’arrivo di una cosa nuova?
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/02/dragoni-culle-e-politica-tra-cina-e-hong-kong-aumenta-la-distanza/
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